Tesi di laurea
ASPETTI GEOMORFOLOGICI, AMBIENTALI E STORICI

DELLA PIANA ALLUVIONALE DEL FIUME CESANO
IN RELAZIONE AL RITROVAMENTO DELLA FORESTA FOSSILE

Frontespizio
Premessa
Aspetti geografici
Iquadramento geologico
Tettonica
Serie statigrafica
Inquadramento geomorfologico
Elaborazione dati
      La carta geomorfologica della piana del fiume Cesano
      Le sezioni trasversali del fiume Cesano
      Il profilo longitudinale del fiume Cesano
Inquadramento storico
       Presentazione storico-archeologica
      Aspetti preistorici
      Paleolitico
            • Paleolitico inferiore
            • Paleolitico medio
            • Paleolitico superiore
      Mesolitico
      Neolitico
      Età del rame o Eneolitico
      Età del Bronzo
      Età del ferro
Scheda sul mousteriano o musteriano
Scheda sull'Homo Sapiens Neanderthalensis
Distribuzione del popolamento nella valle del Cesano
La Foresta Fossile della Valle del Cesano
      Introduzione
      Ricerca dati
      Descrizione percorso
Osservazioni conclusive
Bibliografia
 AdattamentoWEB Ing. David Guanciarossa

Scheda sull’Homo sapiens neanderthalensis

La Guida al Museo del Territorio di Riccione conferma che “l’Homo sapiens compare oltre 100.000 anni fa. Una particolare sottospecie, l’Homo sapiens neanderthalensis, visse in Europa tra 80.000 e 35.000 anni fa. La statura era di 1,60- 1,70 m, il cervello di 1.300-1.600 cm³. Il viso presentava una fronte bassa, arcate sopraccigliari sporgenti, naso largo, mascellare prominente, mandibola priva di mento. Abile cacciatore e raccoglitore, scheggiava egregiamente la pietra. Organizzava i suoi abitati all’aperto, all’imboccatura di grotte o al riparo di pareti rocciose. Seppelliva i morti.”

Il nome scientifico dei Neandertaliani dell’Europa occidentale viene identificato in tale modo: famiglia: Hominidae, genere: Homo, specie: Sapiens, sottospecie: Neanderthalensis.

Il Neandertaliano, così chiamato dal sito di Neanderthal (Dusseldorf, Germania), dove fu rinvenuto il primo fossile umano di questo tipo, differisce fisicamente dall’uomo attuale: una grande faccia con un grande naso, dei grossi denti anteriori e con un piccolo mento (quasi assente), una fronte sfuggente, un’arcata sopraorbitaria molto pronunciata. La sua dentatura anteriore dimostra un utilizzo molto calzato, come se avesse usato i propri incisivi per qualcosa che richiedesse una pressione costante (per rammollire le pelli con la masticazione, proprio come fanno gli Eschimesi). Proprio questo utilizzo costante ha alimentato la crescita delle ossa facciale per sopportare la dentatura anteriore insistente sullo scheletro del cranio. La dentatura presenta anche altri segni, che indicano come questi uomini usavano la tecnica di ripulire i nervi degli animali per farne delle utili fibre.  L’area nasale era piuttosto sporgente dalla faccia, tanto da essere più prominente e grande rispetto agli altri ominidi. Le dimensioni del cervello, da 1.300 fino a 1.700 cm³, erano uguali a quelli umani se non più grandi. Aveva una forte e resistente corporatura con ossa molto robuste, che potevano aver aiutato a mantenere il corpo caldo in un clima freddo e/o riflettevano uno stile di vita che comportava una gran forza fisica. Era caratterizzato poi da una bassa statura, da un aspetto molto primitivo e dalla potenzialità di parlare. Il DNA dell’ominide recuperato nella Valle Neander è piuttosto differente da qualsiasi altro essere umano vivente.

Questi abitanti del Paleolitico medio continuano a vivere nelle vallate, nelle pianure costiere, sugli altipiani, lungo le rive del fiume, ma sfruttano abitualmente anche le grotte e i ripari sotto roccia, dove era più facile proteggersi dai rigori del clima. Durante questo intervallo di tempo, infatti l’abbassamento della temperatura fu molto sensibile. In Europa i ghiacciai si estesero notevolmente; sulle Alpi si formò un’unica grande calotta ghiacciata, le cui lingue scesero fino ai grandi laghi della valle del Po. Cambiò anche l’aspetto delle zone costiere, dove, per il forte abbassamento del livello del mare sotto lo zero attuale, si formarono ampie pianure.

I Neandertaliani sono molto conosciuti perché autori dell’industria musteriana, caratterizzata da strumenti come scalpelli, punte di lancia, utensili da taglio o da foro formati da frammenti attentamente scolpiti da un nucleo di roccia; le loro attività principali erano la raccolta e la caccia praticata sostanzialmente simile a quella del Paleolitico inferiore. La documentazione degli insediamenti testimonia che erano organizzati con dei focolari delimitati da pietre disposte circolarmente o poligonalmente in numerosi siti.

Questa civiltà non ci lasciato alcun esempio di arte rupestre o mobiliare, ma in alcuni giacimenti sono stati trovati resti di materie coloranti, talvolta associati a piccole macine per colori, che fanno supporre l’abitudine di dipingere la pelle del proprio corpo o di decorare materiali deperibili, quali il cuoio o il legno.

Le peculiarità più illuminanti del Neanderthal sono le cerimonie funebri. Enormi quantità di polline sono state trovate assieme al corpo di Shaindar IV, un uomo di Neanderthal seppellito in Iraq; il polline proveniva da sette specie di piante. Tutte e sette sono fiori colorati, tutte fioriscono alla fine di aprile e tutte hanno potenti proprietà mediche.

Le altre forme di religiosità o pratiche magiche sono documentate da un “culto dell’orso” con la scoperta di alcune sepolture di orso nelle grotte; da un cannibalismo rituale; da un “culto dei crani” con crani umani che presentano ferite dalle quali si estraeva il cervello; da sepolture intenzionali di corpi, che attestano inquietudine e preoccupazione per la sorte del defunto dopo la morte. Non di minor importanza sono gli oggetti rinvenuti nelle tombe con i quali sono stati ricostruiti i paleoambienti, i paleoclimi, le tradizioni, l’economia, le risorse etc..

Le ipotesi sull’estinzione dell’uomo di Neanderthal sono tante e complesse e ancora oggi sono questioni aperte. Questi uomini primitivi si adattarono al clima freddo lungo i margini delle distese di ghiaccio dell’Europa dell’Ovest fino all’Asia centrale, tramite l’evoluzione dei propri caratteri. Più furono isolati geograficamente, più i caratteri i divennero estremi, fino a diventare visibilmente differente dal sapiens che si sviluppò in Africa. L’attuale interpretazione di questi fatti è che il Neanderthal non fu un Homo sapiens, di conseguenza non è un nostro parente, ma semplicemente una separata ed estinta specie. Nel Medioriente questa civiltà sembra essersi alternata con l’homo sapiens, con una linea fluttuante tra loro. Sembra che entrambi i popoli nella regione facessero gli stessi utensili musteriani, ma nessuno dei fossili sta nel mezzo, dunque le due culture non s’incrociano. I Neandertaliani vivevano nel Medioriente in climi umidi e freddi, mentre l’homo sapiens visse in climi più caldi e aridi. Ognuno si adattò ad una particolare zona climatica nella quale l’altro non avrebbe potuto competere.

L’ipotesi dell’Human Identification Centre di Glasgow avanza l’idea che noi non discendiamo dall’uomo di Neanderthal e ciò è confermato dall’analisi del DNA dei resti fossili di un giovanissimo Neanderthal, trovato qualche anno fa nel Nord del Caucaso, da cui sono state rilevate differenze genetiche molto ampie. L’homo sapiens e i loro cugini estinti 35.000 anni fa sono due specie totalmente separate, pur avendo coesistito. La prima analisi di DNA di un neandertaliano fu effettuata da un veterano della ricerca sul codice genetico antico, Svante Paabo, che studiò i resti di un fossile di Neanderthal scoperto verso la metà dell’Ottocento in Germania. La seconda analisi con le tecniche moderne di indagine genetica fu effettuata su un reperto rinvenuto di recente, in una zona completamente diversa, datato accuratamente con la tecnica del radiocarbonio e appartenuto ad un ominide vissuto contemporaneamente agli umani moderni. Conseguenza di tali studi è “la fine irrevocabile della teoria multiregionalista”, secondo la quale, circa un milione di anni fa, una migrazione dell’homo erectus dall’Africa avrebbe dato luogo a popolazioni diverse e separate geograficamente, ciascuna delle quali si sarebbe evoluta in modo indipendente, ma che sarebbero rimaste geneticamente unite grazie ad occasionali, ma costanti incontri sessuali. In questo modo, l’ipotesi multiregionalista spiega anche le differenze fisiche tra le popolazioni umane moderne e, secondo qualcuno, ripropone sotto altre spoglie il concetto di razza. L’antropologo Gianfranco Biondi afferma ”lo studio di Glasgow dimostra che non ci siamo mai incrociati con i Neanderthal, che abbiamo completamente sostituito. E contemporaneamente conferma che la nostra origine è recente, unica e africana”.

Ad uscire vincente grazie a quest’ultima analisi del DNA neandertaliano è infatti la tesi cosiddetta dello”out of Africa” che vede emergere gli umani moderni come specie completamente nuova nel continente africano intorno a 200.000 anni fa e poi, circa 100.000 anni dopo, uscirne per emigrare nel resto del mondo. Invece di incrociarsi con le popolazioni locali, dicono i sostenitori dello”out of Africa”, i nostri antenati le hanno soppiantate, e hanno spinto all’estinzione tutti gli altri ominidi che abitavano il pianeta.

Un’ulteriore ricerca rivela che gli ominidi del Paleolitico medio estinsero circa 4.000 anni dopo. Questa ipotesi è avvalorata dalla datazione al radiocarbonio di alcuni resti di Neanderthal ritrovati in Croazia, a pochi chilometri da Zagabria. Tale procedimento, che permette di conoscere l’età dei reperti, è stata portata a termine da antropologi americani, i quali fanno risalire i resti a soli 28.000 anni fa. La scoperta colloca gli ominidi in un’epoca assai più recente di quanto creduto finora e soprattutto allunga di alcune migliaia di anni la possibile coesistenza fra le due sottospecie. L’uomo moderno e la forma più arcaica si sarebbero sovrapposti nell’Europa centrale per almeno 3.000 o 4.000 anni; un tempo ed una prossimità geografica più che sufficienti a giustificare ampi contatti ed uno “scambio di geni”, come afferma Erik Trinkaus, secondo il quale quando i Sapiens si sono diffusi in Europa, in alcuni luoghi hanno combattuto e soppiantato i cugini, ma in altri li avrebbero assimilati. Questo studio è stato smentito da molti antropologi collocando così Sapiens e i suoi arcaici cugini su due linee evolutive diverse e separate; la contestazione è stata basata sulla non raffinatezza della ricerca, poiché lo studio è stato fatto su un solo campione.

Gli scienziati dell’Università di Zurigo, grazie alla computer grafica, hanno creato un’immagine tridimensionale di un bambino (o una bambina) mettendo insieme i reperti fossili di uomini che vivevano in Europa, Nord Africa e Asia tra i 125.000 e i 40.000 anni fa (Fig. 16). Questa ricostruzione digitale conclude che l’uomo di Neanderthal, come più volte si era dimostrato, non è nostro antenato perché il suo sviluppo fisico segue un percorso diverso dal nostro. Il discorso finale estetico, guardando il volto e l’espressione del bambino primitivo, è che si ha l’impressione di essere di fronte ad una cosa bella, e che ci assomiglia. La ricostruzione del cranio del bambino è servita per stabilire quali siano le caratteristiche delle fasi della crescita. La differenza tra il nostro cranio e il loro si stabilisce intorno ai due anni. In quell’età la testa dei bambini prende la forma umana, mentre nel caso dei bambini neandertaliani, il cranio prende la forma allungata che segna la differenza morfologica fondamentale rispetto agli uomini d’oggi. Lo studio dinamico e computerizzato dello sviluppo svela un altro segreto: prima dei due anni, i neandertaliani e l’homo sapiens s’assomigliano molto. Per questo gli scienziati parlano di “razze sorelle” che per un certo periodo hanno convissuto.

Comunque siano andate le cose, resterebbero a questo punto altri misteri. Se l’uomo di Neanderthal non è il nostro antenato, da dove siamo saltati fuori? Perché si è estinto? Quali erano i veri rapporti fra l’uomo arcaico e il moderno?