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Scheda
: 14.07.2005
: 13.09.2006
Battaglia

Si formavano due squadre di pari numero, di otto o dieci ragazzi ciascuna. Le loro armi erano dei ramoscelli simili il più possibile a una pistola. Quando due ragazzi avversari si incontravano, dovevano gridare l'uno il nome dell'altro. Chi lo faceva per primo squalificava il rivale. Vinceva che riusciva a squalificare più avversari.

"A paiet"

Si lanciavano monete cercando di avvicinarle il più possibile ad un muro. Vinceva il proprietario della moneta caduta più vicino al muro. Era un gioco molto simile al "batmur".

"A bughetta"

Nel terreno si faceva una buca in cui si mettevano delle monete. Successivamente, a turno, si lanciava un pallino cercando di farlo entrare nella cavità. Chi riusciva, vinceva tutte le monete che c'erano dentro.

A sassetti ("A sasét")

Sul terreno si tracciava una linea orizzontale e ad una certa distanza da questa si metteva un sasso più grosso di quello posseduto da ciascun giocatore. Ogni ragazzo, senza oltrepassare la linea, lanciava il proprio sasso. Vinceva chi, con il sasso, si avvicinava di più al pallino grosso.

Un altro gioco dello stesso nome consisteva nel picchiare con un sasso un mucchietto di monete facendole cadere a terra. Chi si trovava con più monete sul lato "testa" era vincitore e prendeva tutti i soldi.

La lisciarella

Per attuare questo gioco, l'antenato dello scivolo, è necessario un ripido pendio con o senza erba, perché l'erba dopo un po' viene strappata dai sederi che vi scivolano sopra. Chi ne faceva le spese erano i pantaloncini dei maschi e le gonne e le mutandine delle femmine, di conseguenza erano poi guai seri con le mamme.

I ruzzoloni ("I rutilon")

Stesi lunghi per terra si cercava di rotolare con il corpo che doveva rimanere sempre disteso; meglio se il gioco si svolgeva lungo un modesto pendio, così il rotolamento veniva notevolmente facilitato. Anche mediante questo passatempo si potevano organizzare gare a chi arrivava prima ad un punto designato; il difficile, in questo caso, è mantenere sempre la giusta direzione.

Le capriole ("L'cerquaritt")

Sui prati, dove l'erba è folta ed alta in modo da avere un morbido tappeto, è sufficiente puntare capo e mani a terra e poi con una spinta impressa con i piedi ci si capovolge planando distesi supini dall'altra parte.

La lippa

Per mettere in atto il gioco della lippa bisognava procurarsi la lippa, un pezzetto di legno ben duro, simile ad un fuso: cioè sottile alle estremità e panciuto al centro. La lippa si metteva per terra, su una base stabilita, e con un bastone, che fungeva da mazza, si colpiva la lippa su una delle due estremità; questa si sollevava da terra e a questo punto il battitore doveva colpirla al volo ancora con il bastone e lanciarla il più lontano possibile per superare gli altri giocatori.

"Scocetta"

Il gioco di scocetta si praticava nel periodo di pasqua, quando si avevano a disposizione le uova sode. Con questo passatempo si divertivano anche i grandi. I due concorrenti si affrontavano con un uovo sodo ciascuno in mano; con esso colpivano quello dell'avversario. Vinceva colui che, dopo l'urto, aveva la fortuna di constatare che il guscio del proprio uovo era rimasto integro e per premio si prendeva l'uovo dell'avversario.

Moscaceca

I bambini si divertivano bendando uno del gruppo, designato da una delle tante conte. Costui doveva toccare uno dei suoi compagni che gli giravano intorno in modo provocatorio e riconoscerlo; vinceva e veniva sostituito dall'altro se riusciva nell'intento; in caso contrario doveva star sotto, finchè non conseguiva il risultato voluto.

D'inverno, in campagna, durante le veglie anche i grandi si cimentavano in questo gioco, cambiandolo quasi del tutto. La meta era una forma di formaggio, posta su di un asse di legno, adagiato da una parte del pavimento della grande cucina o del magazzino. A turno bendati e armati di coltello o meglio ancora, se il formaggio era piuttosto solido, di un falcino -el sghett- o di una piccola accetta –el scorcell-, si avvicinavano ginocchioni verso il formaggio e, quando reputavano di aver raggiunto il punto ottimale per battere il fendente alla forma di cacio, giù il colpo. Nel caso in cui coglievano nel segno, spettava loro la parte che veniva tagliata, mentre se il colpo andava a vuoto giù risate e presa in giro del competitore da parte degli astanti.

Questo divertimento pare che abbia origini alquanto antiche. C'è chi stima che la persona bendata rappresenti lo spirito del maligno, mentre per altri il bendato raffigurerebbe la vittima designata alla pena capitale.

Telefono senza fili

Per questo gioco ci si dispone seduti uno accanto all'altro formando una fila piuttosto lunga; il capofila sussurra a quello che gli sta accanto una parola o una breve frase; questi a sua volta dovrà fare altrettanto con il suo vicino e così di seguito. Arrivato il messaggio in fondo alla fila l'ultimo lo dovrà pronunciare ad alta voce. In genere non è mai quello originale e il più delle volte esso è costituito da parole senza significato o da termini inesistenti. Ed il divertimento consiste proprio in questo.

La campana

La campana è un gioco di abilità e di precisione. Si traccia con dell'erba su di una superficie liscia il campo di gioco: questo consiste in sei o otto caselle abbinate a tre o a quattro, in cima ad esse si indica con un semicerchio la base di sosta. Il percorso da una sezione all'altra viene fatto saltellando su una sola gamba, spingendo dapprima con il piede una piastrella, successivamente la piastrella deve essere posta sul piede e così di seguito aumentando di volta in volta le difficoltà. Per proseguire nel gioco non si debbono commettere infrazioni di sorta: ad esempio le righe non debbono essere calpestate con il piede, oppure la piastrella non deve finire su queste o cadere dalla parte del corpo dove è stata sistemata, altrimenti il gioco passa agli altri e per riprenderlo bisogna aspettare di nuovo il turno.

È vincitore chi per primo finisce tutte le fasi del gioco.

Palla prigioniera

Occorrono due squadre, un campo di gioco diviso a metà e, naturalmente, una palla. Chi lancia la palla deve far in modo che essa non sia presa al volo da uno degli avversari, perché altrimenti il tiratore viene fatto prigioniero e relegato nella prigione. Questa è ubicata dietro la squadra avversaria. I compagni per liberare il prigioniero debbono fare in modo di lanciargli la palla ed egli, se vuol essere liberato, la dovrà riprendere al volo: il che non è facile, perché i suoi carcerieri tenteranno in ogni modo di prenderla loro, per catturare altri avversari.

Quattro cantoni

Il gioco dei quattro cantoni si improvvisava dappertutto, purchè fra i quattro angoli non ci fossero stati ostacoli di sorta. I giocatori debbono essere cinque; quattro posizionati nei rispettivi cantoni ed uno al centro pronto a sottrarre il posto a chi dei quattro, non riuscirà in tempo a raggiungere la sua nuova sede, in quanto essi devono continuamente scambiarsi di posto fra loro.

A nascondino ("La piatarella")

La piatarella: era così chiamato il gioco del nascondersi, che ha sempre affascinato i bambini di tutti i tempi. Il richiamo a celarsi e quello a stanare eccitano la fantasia ed esaltano le capacità inventive e le attitudini a cimentarsi e a confrontarsi. Il divertimento, che ne segue, è tanto; ed è, per certi versi, rapportato al numero dei partecipanti e all'ambiente in cui si svolge, perché in una moltitudine di concorrenti ed in un luogo ricco di nascondigli è più difficile essere scoperti; e rimanere a lungo nella tana significa assaporare tutto il fascino di questo gioco e ciò, allo stesso tempo, permette di mostrare agli altri la propria abilità nel sapersi nascondere.

Il gioco dell'anello

Dei bambini maschi e femmine, la promiscuità in questo caso è quasi d'obbligo perché c'è in palio un anello da regalare, sono disposti seduti uno vicino all'altro, tenendo le mani congiunte. Colui che conduce il gioco mantiene anche lui le mani unite: le sue, però, contengono un anellino. Egli passa davanti ad ognuno, sfiorando le sue mani su quelle degli altri, mentre recita: "Ho un anello da regalare. Lo voglio dare a chi mi pare. Lo voglio dare a chi sia. Ecco! L'anello l'ho dato via!". Questi pochi versi vanno quasi sillabati, perché il conduttore durante la recita deve toccare ognuno dei concorrenti

Terminato il giro egli, rivolgendosi ad uno dei suoi compagni al quale non ha consegnato il pegno, chiede chi è il nuovo possessore dell'anello; se l'interpellato indovina sarà lui ad eseguire il giro successivo, altrimenti continuerà lo stesso a condurre il gioco.