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Scheda
: 01.01.2005
: 23.08.2007

"Smettete di macinare, o donne, che lavorate al mulino, dormite fino a tardi, anche se il canto del gallo annuncia l'alba. Poiché Demetrio ha ordinato alle ninfe di eseguire il lavoro che facevate con le vostre mani, ed esse, saltando giù dalla sommità della ruota, fanno girare l'assale che, con le sue razze ruotanti, fa girare le pesanti macine concave." Con questo inno all'energia idraulica, Antipatro di Tessalonica, epigrammista greco per buona parte vissuto a Roma al tempo di Augusto, elogia il mulino idraulico per aver ridotto la fatica alle donne, addette ad attivare le mole. Nello stesso tempo Strabone, storico e geografo anch'egli greco, ci dà conferma di un mulino fatto costruire nel Ponto da Mitridate (SINGER 1962).

Queste sono le prime testimonianze scritte, in cui si parla di mulini idraulici in genere, e quindi, come fossero disposti i palmenti di questi manufatti, gli autori non ne parlano. E' da supporre, comunque, che, nei ripidi corsi d'acqua del suolo montagnoso della Grecia, siano stati in funzione i mulini a ruota idraulica orizzontale, perché più congeniali a questo tipo di idrografia.

Infatti per azionare al meglio le macine di questi mulini è necessario un flusso d'acqua veloce, che colpisca con forza e rapidità le pale, in modo da imprimere all'intero apparato una buona velocità di esercizio; non potendo aumentare, altrimenti, i giri alle mole, perché lo stesso albero motore è fissato direttamente alla macina.

Questo tipo di mulino, detto anche greco o scandinavo, sorto pare in oriente, si diffuse gradualmente anche nell'Europa del nord: in Irlanda e in Danimarca. Studi recenti e ricerche, condotte su depositi di fango presso antiche dighe esistite nello Jutland, confermano che le prime ruote idrauliche sono poste orizzontalmente (WHITE 1970); in quanto questa è la disposizione più semplice, in grado di far girare le macine senza l'applicazione di ingranaggi, i quali, oltre a permettere di mutare angolazione agli assi ruotanti, consentono anche di aumentarne la velocità.

Notizie più dettagliate, invece, ci sono giunte sul mulino a ruota idraulica verticale, descritto con minuziosità da Vitruvio nel De Architectura; cosicché questo è definito anche mulino vitruviano.

Nel corso dei secoli al mulino greco furono apportate modifiche essenziali, che ne permisero la diffusione soprattutto in quelle zone, i cui corsi d'acqua hanno carattere torrentizio. L'aggiunta di una camera di carico e di un relativo salto, infatti, permisero a questo mulino di raccogliere acqua sufficiente e di convogliarla attraverso un condotto forzato ai ritrecini, imprimendo a questi una corretta velocità di lavoro: perciò gli esemplari di mulini a roteggi orizzontali, giunti fino a nostri giorni, hanno queste caratteristiche.

Innanzitutto il complesso del mulino si trova sempre nelle immediate adiacenze di un corso d'acqua, ed è collocato in un punto, in cui il terreno presenta un dislivello.

Esso è formato da dei vani, completamente interrati, dove sono collocate le ruote idrauliche, sopra di questi un ampio locale, corrispondente al piano di campagna, ospita le macine, il cui numero è pari a quello dei roteggi sottostanti: mentre al primo piano si trova l'abitazione del mugnaio.

Immediatamente a ridosso del fabbricato, dalla parte a monte, è ricavato l'invaso o camera di carico, comunemente chiamata bottaccio o pozza, esso è contenuto, in genere, fra due argini in terrapieno e comunica con i vani delle ruote idrauliche mediante condotti a forma di cono rovesciato, i quali fanno giungere alle pale un flusso di acqua forzata, regolato da delle saracinesche manovrabili, a loro volta, dal mulino.

Il bottaccio è collegato direttamente al corso d'acqua naturale con un canale di adduzione, meglio conosciuto come vallato; per immettere acqua nel vallato ci si serve di uno sbarramento dell'alveo, costruito, per lo più, con palizzate, pietre, terra e legname: solo in rare circostanze questo è in muratura. All'inizio e alla fine del canale sono collocati dei troppopieno per regolare il livello d'acqua al bottaccio; a valle del mulino un altro canale consente di far ritornare l'acqua al fiume, al torrente o al fosso.

Nei corsi d'acqua con una portata limitata i mulini, per sfruttare al massimo tale risorsa, sorgevano con una certa frequenza; ciò permetteva anche di agevolare gli utenti, evitando di far compiere loro lunghi e disagevoli percorsi e nello stesso tempo di impedire a costoro prolungate file d'attesa. In certi casi venivano costruiti due o tre mulini uno di seguito all'altro. mulini in serie, in modo che i successivi si servissero della stessa acqua del primo.










Mulino del Piano.
Luciano Poggiani

Roteggio. Mulino Brincivalli a San Martino del Piano, sul Candigliano (Comune di Apecchio). A sinistra del roteggio è visibile il meccanismo per sollevare la paratia che regola l'afflusso dell'acqua alle pale.
Giorgio Roberti

Tramoggia del Mulino Brincivalli a San Martino del Piano, sul Candigliano (Comune di Apecchio). E' anche visibile il meccanismo di regolazione dell'afflusso del grano alla macina.
Giorgio Roberti

Pale del roteggio.
Giorgio Roberti

Roteggio.
Giorgio Roberti

Paranco per sollevare le macine. Mulino Brincivalli a San Martino del Piano, sul Candigliano (Comune di Apecchio).
Giorgio Roberti

Mulino Brincivalli a San Martino del Piano, sul Candigliano (Comune di Apecchio). Leva che regola la distanza tra le macine.
Giorgio Roberti

Riempimento dei sacchi di farina. Mulino dello Scalone, sul Candigliano (Comune di Acqualagna).
Giorgio Roberti

Macina e tramoggia. Mulino Brincivalli a San Martino del Piano, sul Candigliano (Comune di Apecchio).
Giorgio Roberti

Roteggio.
Giorgio Roberti