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Scheda
: 10.08.2005
: 25.09.2006

Nei terreni collinari (ancor peggio in quelli montani) fu superato l'uso dell'aratro trainato dai buoi alla fine degli anni sessanta. Questo ritardo, rispetto ad altre realtà, dipendeva sia dal padrone che spesso era più propenso a sfruttare al massimo i suoi mezzadri, sia dal mezzadro che non sempre accoglieva a braccia aperte le innovazioni tecnologiche, viste più come rubasoldi che come utile strumento di lavoro.

Alla fine degli anni cinquanta iniziarono i primi "rodei" (manifestazioni di aratura organizzate da una Ditta produttrice di trattori e di aratri) che si effettuavano nella terra dell'Opera Pia, di fronte alla casa "d'Labrè" (Gregorini). Giulio Morganti con il suo schioppettante Landini, tutto inclinato nella "séccia", già arava con il trattore la sua piccola "pusción" (appezzamento di terreno). Tra i proprietari dei "motór" (trattori) e "mandatóri" (guidatori) ricordo un certo Galli e un certo Francoletti di Roncitelli e Manizza di Scapezzano.

Le riparazioni dei trattori si effettuavano presso l'officina meccanica della Ditta Carnevaletti di Senigallia. I primi tempi però erano più le volte in cui era il meccanico a dover recarsi nel campo per qualche riparazione del mezzo. Ricordo ancora la vettura del meccanico sempre bagnata di nafta.

Il roboante rumore e l'odore di nafta suscitavano curiosità nei bambini di campagna pronti a imitare gli adulti e a simulare i loro lavori. Erano gli anni in cui i bambini i giocattoli se li inventavano e se li costruivano da soli: mini aratri ottenuti con qualche scarto di lamiera, trattori di creta o di legno, a ruote o a cingoli fatti con catene di bicicletta, ecc.