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Scheda
: 01.01.2005
: 14.08.2005

Ciò che è stato detto per il mulino dell'area europea è confermato da recenti studi storici marchigíani, i quali dimostrano la presenza capillare di esso, il suo stretto rapporto con l'estesa rete di microcittà, la presenza a tappeto della mezzadria e l'intensa coltura cerealicola che nel Novecento è stata spinta oltre i mille metri di altitudine. Pertanto il mulino rappresenta nelle aree collinari e montane delle Marche, un servizio fondamentale per le popolazioni.

Il pesarese prefetto Scelsi, sul finire dell'Ottocento, mette in risalto il carattere di servizio e integrazione del reddito dell'attività molitoria dei piccoli mulini (in genere a una macina), descrivendo il divario esistente tra la produzione dei mulini di città e quelli delle aree rurali: «su 481 mulini, 469 macinano ogni anno meno di 5.000 quintali di grano, 10 meno di 10.000, 2 meno di 20.000, ed in particolare i mulini dei due maggiori comuni, Pesaro e Fano, con sette mulini e 20 palmenti producono un quantitativo di farina superiore a quella dei comuni di Urbino, Fossombrone e Cagli che dispongono di 85 mulini e 125 macine».

La deperibilità dell'edificio e la continua manutenzione alla quale deve essere sottoposto hanno portato alla scomparsa dei complessi molitori risalenti al periodo medievale, fatta eccezione per certi mulini a torre. Il nucleo più antico rileggibile in alcuni è databile dal XV al XVII secolo; più difficile è trovare i resti antichi delle opere murarie del canale (vallato) e delle chiuse, realizzate in genere in legno: delle parti, cioè, maggiormente assoggettate all'azione dell'acqua e alle continue modificazioni degli argini. Sole eccezioni la galleria della Sacca o Traforata a Serrungarina, nel Pesarese, unica nel suo genere, realizzata alla fine del '400, e quella del molino del Piano, presso Urbino, della seconda metà del cinquecento, entrambe sul fiume Metauro. Negli altri casi si può al massimo risalire ai secoli XVII e XVIII, periodo nel quale si assiste a una sensibile trasformazione tipologica. Si passa cioè dall'edificio costruito in maniera organica, ossia per successivi aggiustamenti e crescite attorno al nucleo originario (molino di Tarugo, molino Bonci a Fossombrone), all'organismo regolare in pianta, in genere rettangolare o quadrata (molino Guarnieri di Vaccarile di Ostra, molino Piagnarelli sul Cesano), nel quale alcuni caratteri architettonici vengono accentuati: nel prospetto a valle predomina la simmetria e le bocche di uscita sul canale (gorgo) acquistano maggior peso nella composizione di facciata; sul «ponte» che scavalca il bottaccio si affacciano i locali destinati all'abitazione del mugnaio.










Mulino Bonci a Fossombrone.
Giorgio Roberti