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Scheda
Esaminando i rapporti stratigrafici tra i diversi depositi detritici ed alluvionali e tra i depositi alluvionali e le principali fasi erosive, sono stati individuati tre maggiori cicli continentali TI, T2 e T3, legati ai principali terrazzamenti dei fondi vallivi (v. Lipparini, 1938; Villa, 1942; Selli, 1954; Nesci & Savelli, 1986). Ciascun ciclo è suddivisibile in (Nesci & Savelli, 1986):
Gli emicicli erosivi sembrano iniziare nella seconda parte delle fasi interglaciali e terminare all’inizio del successivo glaciale. In particolare la reincisione (fase R) può innescarsi verso la fine dei glaciali, indipendentemente dal controllo tettonico, unicamente in funzione dei primi mutamenti in senso “temperato” delle condizioni climatiche in paesaggi sovralluvionati e ricoperti di estese coltri detritiche. Successivamente, durante gli interglaciali, interviene il controllo tettonico in un ambiente in cui la produzione detritica è notevolmente diminuita (termine della fase R e fase E). Con l'instaurarsi delle severe condizioni climatiche della successiva fase glaciale si assiste al deterioramento delle coperture boschive sui versanti, ad un notevole aumento della produzione detritica e ad una concomitante diminuzione di capacità di carico dei corsi d'acqua. Il graduale instaurarsi di tali condizioni determina gli emicicli deposizionali e quindi la messa in posto delle successioni del tipo Fb > Ca > Ds. I Ds rappresentano i depositi delle fasi di massimo glaciale, caratterizzate nelle nostre aree da climi arido-freddi, forse periglaciali. Durante gli emicicli deposizionali il tasso di sedimentazione continentale, controllato dal deterioramento climatico, supera il ritmo del sollevamento tettonico mascherandone gli effetti. I tre cicli principali riconosciuti (T1, T2 e T3), sono stati quindi interpretati come il risultato della interazione fra il sollevamento tettonico generalizzato dell'area nord-marchigiana e le principali fluttuazioni climatiche tardo-quaternarie e sono evidenziati dai maggiori terrazzamenti. Il “quarto ciclo continentale” (T4), che sembra evincersi dalla letteratura, è legato all’evoluzione attuale, in clima temperato, del paesaggio, e lo si tende a considerare sostanzialmente diverso dai precedenti quanto a meccanismi genetici e significato morfoevolutivo (cf. NESCI & SAVELLI, 1991 a, b; BISCI & DRAMIS; 1991). Nelle complesse vicende erosive e deposizionali che hanno prodotto i terrazzi olocenici più recenti, va considerata anche l’azione antropica, responsabile di modificazioni nelle geometrie dei canali e d’importanti episodi di aggradazione (cf. COLTORTI, 1997). Le successioni alluvionali dell' Appennino nord-Marchigiano, presentano forti analogie sia litostratigrafiche che sedimentologiche fra un'unità terrazzata e l'altra. Esse sono costituite in prevalenza da ghiaie, con intercalazioni di lenti limoso-sabbiose o sabbioso-ghiaiose (talora argilloso-sabbiose), generalmente più frequenti ed estese verso l'alto, verso le aree più prossime alla foce o in presenza di allargamenti delle sezioni vallive. I ciottoli sono sempre marcatamente poligenici e riflettono la litologia delle formazioni affioranti negli attuali bacini. Il grado di arrotondamento è mediamente buono (da arrotondati a molto arrotondati) pur essendo condizionato dalla distanza dell' area di provenienza e dalla litologia. Le successioni alluvionali delle valli nord-Marchigiane poggiano sempre su superfici erosive, livellando i substrati rocciosi che presentano andamenti irregolari. Questi ultimi sono caratterizzati dall'alternanza di alvei sepolti (Francavilla, 1976; Savelli et al., 1984) e rilievi modellati prima delle fasi di alluvionamento e parzialmente spianati al termine delle fasi di aggradazione e durante le fasi di reincisione. Nelle valli dell' Appennino nord - marchigiano, i depositi terrazzati del primo ordine (T1 ), riferibili al Pleistocene medio - medio inferiore, sono arealmente discontinui e presentano forme molto rimodellate, coperture eluvio-colluviali e degradazione superficiale talora intensa. Nell'ambito dei bacini dei Fiumi Foglia e Metauro, sono stati riconosciuti, all'interno di tale ordine, due principali fasi di terrazzamento (Tla-Tlb, Nesci et al., 1990) posizionati a quote rispettivamente comprese fra i 210 - 180 m e 170 - 110 m sull'alveo attuale. I depositi terrazzati nord-Marchigiani del secondo ordine (T2), riferibili al Pleistocene medio - finale, sono rappresentati da lembi più o meno ampi ed isolati di materiale posizionato a quote generalmente comprese fra i 40 e i 100 m sull'alveo attivo (Nesci & Savelli, 1986, 1990). I depositi terrazzati nord-Marchigiani del terzo ordine (T3), riferibili al Pleistocene superiore-Olocene p.p., si trovano a quote comprese fra i 20 e i 35 m sull'alveo attivo. Questi, arealmente più continui dei precedenti ma talvolta con spessori pellicolari, presentano superfici gradonate da serie di terrazzi d'erosione minori, inseribili all'interno del ciclo di terrazzamento principale. I depositi terrazzati del quarto ordine (T4) rappresentano un insieme complesso ed in parte diacrono (età progressivamente più recenti man mano che ci si abbassa al di sotto della superficie dei terrazzi) di eventi minori di aggradazione e incisione. La loro età è riferibile al Pleistocene superiore p.p.-Olocene. Essi affiorano in modo discontinuo in prossimità dell'alveo con superfici a quote solitamente non superiori ai 20 m. Nelle parti più alte, formano terrazzi minori e superfici inclinate (sino a 10°-15°) che raccordano il livello dei precedenti terrazzi (T3) con il fondovalle e sono in genere ricoperti da deboli spessori di alluvioni fluviali sabbioso-ghiaiose (depositi di barra di meandro e di esondazione, prodotto di canali ad andamento sinuoso-meandrante; Nesci & Savelli, 1991). I terrazzi nord-Marchigiani mostrano una caratteristica asimmetria nella loro distribuzione ed estensione, legata alle migrazioni laterali cui i fiumi sono stati soggetti. Tali migrazioni sono state interpretate come dovute al sollevamento differenziato con conseguenti basculamenti (GUERRERA et al., 1979) e/o a movimenti differenziati di settori delimitati da faglie trasversali (Nanni & Vivalda da, 1987). Secondo altri Autori (cfr. ELMI, 1991) invece, lo spostamento in destra degli alvei è in gran parte dovuto agli apporti solidi degli affluenti di sinistra, la cui attività erosiva (e quindi il trasporto solido) è maggiore a causa della esposizione dei versanti. Le alluvioni recenti ed attuali sono infine quelle che costituiscono l'attuale alveo dei corsi d'acqua principali e le attigue aree di esondazione attive (aree di piena ordinaria), in parte fissate dalla vegetazione. Le conoidi alluvionali, situate prevalentemente nelle aree di confluenza fra i corsi d'acqua principali e i tributari minori, sono delle forme di deposito spesso (ma non sempre) riconoscibili per la tipica forma a ventaglio dalla superficie convessa. Nelle valli nord-Marchigiane, esse rappresentano in genere fasi di aggradazione delle successioni alluvionali. Le litologie variano da limoso-sabbiose a prevalentemente ghiaiose, mentre le caratteristiche sedimentologiche cambiano a seconda che ci si trovi verso l'apice, dove prevalgono i depositi da movimento in massa o nelle zone distali, dove si ha prevalenza di depositi da flussi idrici (Nesci & Savelli, 1991). |