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Scheda
: 09.11.2005
: 09.11.2005

(Pleistocene sup. – Olocene p.p.)

I depositi alluvionali relativi a questo sintema, sono diffusi su entrambi i lati del corso d’acqua principale, anche se a tratti la sua presenza diminuisce assottigliandosi in strisce frastagliate costeggianti il substrato. Le forme assunte in pianta dalle sue scarpate mostrano grandi lobi, di ampio raggio, che solo raramente si vanno a intersecare con i corpi alluvionali attuali. La scarpata difficilmente la si trova inferiore ai 2m, e può arrivare invece ad esporsi per 6-7m; il ciglio è sia netto che arrotondato, comunque sempre ben cartografabile. [fig. 2]

La superficie superiore, posta ad una altezza variabile tra 20 e 30m, risulta terrazzata anche se non in maniera sempre evidente; si osservano infatti scarpate minori blande e brevi che accompagnano la superficie nella sua leggera inclinazione tendente verso il corso d’acqua principale (cf. NESCI & SAVELLI, 1991). È caratterizzata da una litologia sabbio-argillosa contenente a tratti quantità variabili di ciottolame di piccole dimensioni anche non di forma appiattita. La sua conformazione originaria è stata comunque molto addolcita e modificata dall’attività agricola.

Spesso vi si appoggiano coltri detritiche ( o conoidi), che si appiattiscono sulla superficie confondendo i limiti del terrazzo.

Quando il corpo alluvionale viene attraversato da vallecole che si approfondiscono verticalmente, si generano forti depressioni, capaci di raggiungere anche il bedrock, che si allargano notevolmente in superficie a causa del “richiamo” di materiale trasportato dalle acque di dilavamento superficiale. [fig- 3]

Depressioni più blande, ma comunque significative, si registrano in presenza di paleocanali, che possono anche essere parzialmente colmati dai detriti del terrazzo stesso. La presenza di questi canali estinti è stata già analizzata in precedenti studi, nei quali si osservava la loro concordante e subparallela direzione con il fiume attuale. [fig. 4]

Attraverso l’analisi di foto aerea è stato anche possibile rintracciare la presenza di tracce di corsi estinti (monocanali meandriformi o multicanali “intrecciati”), che si riconoscono, tra i colori della superficie, da concentrazioni di suolo più scuro dato da una maggiore concentrazione in materiale fine-argilloso.

Lo spessore dei depositi si aggira intorno ai 30-35m e la loro litologia varia da ghiaiosa a ghiaioso-sabbioso-limosa. A volte intercalate si possono osservare lenti limoso-sabbiose o sabbioso ghiaiose generalmente più frequenti ed estese verso l’alto. Le ghiaie sono ben arrotondate e con indici d’appiattimento generalmente elevati.

Il sintema di Matelica è interessato da estesi sbancamenti (cave), esclusivamente concentrate alla sponda opposta del paese di San Filippo sul CeSano e di Castelleone di Suasa. [fig. 5]

Riveste inoltre notevole importanza anche dal punto di vista archeologico, in quanto ha visto l’instaurarsi, sulla sua superficie, di insediamenti romani (antica Città di Suasa), la cui ubicazione dipendeva dal paleoambiente. A sua volta, anche l’antropizzazione romana influenzò le morfologie del paesaggio passate e presenti; nella documentazione cartografica è stato infatti messo in evidenza la costruzione di un terrapieno di epoca romana utile al posizionamento di strutture abitative.










fig.2 - Stralcio di cartografia dei depositi alluvionali nel medio corso del Fiume Cesano.
In verde è rappresentato il Sintema di Matelica.
Area di San Lorenzo in Campo.


fig.3 - Incisione lungo una vallecola che incide le alluvioni del sintema di Matelica raggiungendo il substrato pliocenico.
San Michele al Fiume.


fig.4 - Depressione parallela al corso fluviale attuale, al passaggio tra il sintema di Matelica e
quello del F. Musone, e corrispondente ad un paleocanale.
Ansa di San Michele al Fiume


fig.5 - Stralcio di carta mostrante, con il colore marrone, il terrapieno di origine romana,
su cui poggia parte della Città Antica di Suasa.
Castelleone di Suasa.