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Scheda
: 29.07.2005
: 25.09.2006

Arrivava poi la raccolta del mais e la "scanafujatura" (sfogliatura) durante la quale si recuperavano le "brànc" usate per il mistico trinciato dei foraggi e per imbottire i materassi. Spesso capitava che i materassi perdessero le foglie che al risveglio si recuperavano appiccicate in qualche parte del corpo. Seguiva poi la sgranatura a mano che si effettuava seduti sopra uno sgabello a tre gambe in cui era applicato un "furèl" (ferro appuntito) nel quale si faceva scorrere verticalmente la pannocchia per separare gli acini (cariossidi) di granturco dai tútuli. La persona che eseguiva tale attività veniva ben presto sommersa dagli acini di granturco e dai tutoli.

La "scanafujàtura" era occasione buona anche per scherzare, divertirsi, fare pettegolezzi sugli assenti, esibirsi con canti di stornelli, barzellette che riguardavano spesso il padrone del fondo o il fattore. Erano anche occasioni per lo scambio di qualche occhiata tra giovincelli e giovincelle, scapoli o sposati che fossero.

Caratteristica era la merenda nell'aia alla luce di una lampada, a fine lavoro o verso le undici di sera, momento nel quale si mangiava il panino con la mortadella che, negli anni cinquanta, era un segno di benessere. Al termine dei lavori si usava anche consumare un piatto di fagioli o una frittata. C'era anche il classico ciambellone con sopra i granellini di zucchero colorato. Soltanto Tomassoni, il nostro vicino di casa, "trasgrediva" quell'usanza offrendo dei buonissimi maritozzi ripieni di panna, che acquistava dal fornaio di Scapezzano; faceva questo soprattutto durante la battitura visto che con pochi quintali di grano non poteva offrire il pranzo a tutta la manodopera presente.