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Scheda
L'ordinamento colturale, rigorosamente rispettoso degli influssi lunari, iniziava dalla preparazione del terreno, per proseguire con la predisposizione delle sementi e la semina (alcune colture richiedevano il trapianto), la zappatura, la mondatura, la raccolta e la conservazione. Le colture prevalenti erano quelle mediterranee "autoctone": grano, vite e olivo. Dominante era la coltivazione del grano, seguivano i foraggi come l'erba medica, la spagnìna (sulla o lupinella) e il trifoglio, il granturco, l'orzo, la fava e il favino; consistente era la presenza di vigneti e oliveti, diffusi gli appezzamenti di barbabietola. Non mancava qualche striscia di patate, di canapa e di melica (meliga o melica). Abbastanza vasta la gamma delle produzioni che servivano al fabbisogno alimentare della famiglia, sia in termini di prodotti ortivi (vivaio per il trapianto, melanzane, pomodori, cipolle, cetrioli, aglio, insalate, finocchi, cavolfiore, sedano, meloni, angurie, zucche e zucchine, carciofi, fave, fagioli e fagiolini, piselli, patate, ecc.), che di animali di bassa corte (polli, tacchini, oche, anatre, piccioni, ecc.). Ovviamente non mancavano i buoi, le vacche, i tori ed i vitelli da ingrasso prevalentemente di razza Marchigiana con qualche Romagnola ed alcune Mongàne (Frisone, vacche da latte pezzate nera). C'erano trenta capi di media per stalla, che servivano per i lavori dei campi. I mercati, negli anni cinquanta, si svolgevano presso il campo boario di Senigallia o sotto le mura castellane di Scapezzano e di Mondolfo. C'era inoltre il pollaio e la porcilaia che contava una dozzina di maiali circa. Alcuni possedevano anche qualche pecora e delle capre. I prodotti della "superanza" venivano venduti. Dove esisteva il contratto di mezzadria i prodotti agricoli venivano ripartiti con il "padrone" della terra in percentuali che andavano, per il contadino, dal 45% al 60%. Degli animali allevati si vendevano le "bestie da vaccina" e, nei mercati locali, una parte degli animali da cortile. Solo il maiale si "teneva tutto", ovvero la metà di competenza del mezzadro, che si chiamava "pacca", e che doveva essere macellato, lavorato e consumato in casa durante l'anno. L'ANNATA AGRARIAL'annata agraria del mezzadro iniziava a novembre (per contratto il giorno 11). LA RACCOLTA DELLE FOGLIE D'ALBERO E DI CANNETOIn autunno, dopo aver "fatto la fòja" (raccolta delle foglie di canneto, di gelso e di olmo per il foraggio e l'alimentazione dei conigli), si "scapecciàvano" (diradare o potare) gli alberi, si pulivano i fossi liberandoli dagli alberi ingombranti, dai rovi, dai canneti e dagli "òceni" (rizomi della canna). Le foglie ottenute si inserivano in un apposito cesto che i contadini chiamavano crinélla la quale si appendeva ad un ramo dell'albero fin che non era piena, poi si trasportava in spalla o con una corda a tracolla dal campo fino alla stalla. (C'era anche un cesto più grande chiamato "crìn" ed uno più piccolo, usato per portare il foraggio nella greppia dei buoi, chiamato "ciùviera"). In autunno, inoltre, si spandeva il letame ("grasciàr") nei campi prima dell'aratura; si faceva il giunco ("vénch") e la canna (taglio del canneto); si posizionavano le canne per sorreggere le viti; si potavano le viti e si legavano con il venco e si faceva la legna e le fascine per scaldarsi l'inverno. |