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Scheda
: 29.07.2005
: 23.09.2006

L'ordinamento colturale, rigorosamente rispettoso degli influssi lunari, iniziava dalla preparazione del terreno, per proseguire con la predisposizione delle sementi e la semina (alcune colture richiedevano il trapianto), la zappatura, la mondatura, la raccolta e la conservazione.

Le colture prevalenti erano quelle mediterranee "autoctone": grano, vite e olivo. Dominante era la coltivazione del grano, seguivano i foraggi come l'erba medica, la spagnìna (sulla o lupinella) e il trifoglio, il granturco, l'orzo, la fava e il favino; consistente era la presenza di vigneti e oliveti, diffusi gli appezzamenti di barbabietola. Non mancava qualche striscia di patate, di canapa e di melica (meliga o melica). Abbastanza vasta la gamma delle produzioni che servivano al fabbisogno alimentare della famiglia, sia in termini di prodotti ortivi (vivaio per il trapianto, melanzane, pomodori, cipolle, cetrioli, aglio, insalate, finocchi, cavolfiore, sedano, meloni, angurie, zucche e zucchine, carciofi, fave, fagioli e fagiolini, piselli, patate, ecc.), che di animali di bassa corte (polli, tacchini, oche, anatre, piccioni, ecc.).

Ovviamente non mancavano i buoi, le vacche, i tori ed i vitelli da ingrasso prevalentemente di razza Marchigiana con qualche Romagnola ed alcune Mongàne (Frisone, vacche da latte pezzate nera). C'erano trenta capi di media per stalla, che servivano per i lavori dei campi. I mercati, negli anni cinquanta, si svolgevano presso il campo boario di Senigallia o sotto le mura castellane di Scapezzano e di Mondolfo. C'era inoltre il pollaio e la porcilaia che contava una dozzina di maiali circa. Alcuni possedevano anche qualche pecora e delle capre.

I prodotti della "superanza" venivano venduti. Dove esisteva il contratto di mezzadria i prodotti agricoli venivano ripartiti con il "padrone" della terra in percentuali che andavano, per il contadino, dal 45% al 60%. Degli animali allevati si vendevano le "bestie da vaccina" e, nei mercati locali, una parte degli animali da cortile. Solo il maiale si "teneva tutto", ovvero la metà di competenza del mezzadro, che si chiamava "pacca", e che doveva essere macellato, lavorato e consumato in casa durante l'anno.

L'ANNATA AGRARIA

L'annata agraria del mezzadro iniziava a novembre (per contratto il giorno 11).
A novembre si effettuavano le semine del grano, si raccoglievano le olive e le ghiande.
A dicembre si operava nella loggia per la riparazione e la preparazione degli attrezzi da lavoro, mentre le donne pensavano agli indumenti di lana o a rammendare quelli stracciati. Era anche il mese in cui "s' mazzava `l purchétt" e si faceva la "pàcca d' maiàl" (fare le carni con il maiale e dividere a metà con il padrone), che proseguiva fino a gennaio. Più grasso aveva il maiale e più produceva lardo che veniva conservato nella vescica del maiale stesso e utilizzato per genuini condimenti.
A gennaio si facevano i lavori di miglioramento del fondo e si completava la vangatura del terreno.
A febbraio si preparava il terreno per la semina del granturco ed iniziava la potatura delle viti. Si effettuava il taglio della legna e la potatura degli alberi, si pulivano i fossi e le siepi, mentre al taglio dei canneti doveva seguire pure la vangatura.
A marzo terminava la potatura delle viti, si spargeva la semente di erba per il foraggio (ad esempio il trifoglio), si faceva la prima assolcatura per la semina del granturco e si piantavano gli alberi.
Ad aprile si seminava il granturco, si effettuava la zappatura delle fave, si mondava il grano e si potavano gli olivi.
A maggio oltre alla mondatura del grano, si faceva la zappatura del granturco e la falciatura dei foraggi, si aravano i terreni dell'erba e primaticci. Per gran parte delle attività che richiedevano maggior impegno e manodopera, tipo la vangatura, la raccolta delle olive, lo sfalcio del fieno, la mietitura e la battitura del grano, i contadini ed i mezzadri ricorrevano a personale esterno e allo scambio di manodopera tra vicinati. Anche i cibi variavano in sostanza in periodicità giornaliera a seconda dei lavori. Dai tre pasti si passava anche ai sette pasti giornalieri.
A giugno si faceva la seconda zappatura del granturco, si ripassava la solforazione delle viti ed alla fine del mese aveva inizio la mietitura del grano. Alla spigatura erano addetti soprattutto i ragazzi e le donne.
A luglio terminava la mietitura, si sfalciavano gli strami e si rompeva il terreno dei prati artificiali. Si radunava il grano nell'aia e quindi si trebbiava e si effettuava un'altra solforazione delle viti.
Ad agosto terminava la trebbiatura e "si spandeva 'l gràsciar", cioè si portava il letame sui campi ricoprendolo con la terra. Si cimava e si sfogliava il granturco ed a fine mese si raccoglievano i primi frutti maturi.>br> A settembre si raccoglieva il granturco e si sgranava, si rompeva il terreno dove c'era il grano ed a fine mese s'iniziava la vendemmia.
A ottobre proseguiva la vendemmia, si seminavano le fave e gli erbai, mentre la semina del grano iniziava a fine mese .

LA RACCOLTA DELLE FOGLIE D'ALBERO E DI CANNETO

In autunno, dopo aver "fatto la fòja" (raccolta delle foglie di canneto, di gelso e di olmo per il foraggio e l'alimentazione dei conigli), si "scapecciàvano" (diradare o potare) gli alberi, si pulivano i fossi liberandoli dagli alberi ingombranti, dai rovi, dai canneti e dagli "òceni" (rizomi della canna). Le foglie ottenute si inserivano in un apposito cesto che i contadini chiamavano crinélla la quale si appendeva ad un ramo dell'albero fin che non era piena, poi si trasportava in spalla o con una corda a tracolla dal campo fino alla stalla. (C'era anche un cesto più grande chiamato "crìn" ed uno più piccolo, usato per portare il foraggio nella greppia dei buoi, chiamato "ciùviera"). In autunno, inoltre, si spandeva il letame ("grasciàr") nei campi prima dell'aratura; si faceva il giunco ("vénch") e la canna (taglio del canneto); si posizionavano le canne per sorreggere le viti; si potavano le viti e si legavano con il venco e si faceva la legna e le fascine per scaldarsi l'inverno.