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Scheda
: 01.08.2005
: 23.09.2006

Si usava una palla di pelle gonfiata molto dura, si lanciava con il bracciale munito di “bischeri”, cioè pioli di legno.
I giocatori erano complessivamente sei; tre per parte, detti: la battuta, la spalla, il terzino.
Il “mandarino”, colui che dava il via al gioco, (Bisbucion o Mercanti) gettava da mezzo il campo la palla al giocatore della “battuta” e così iniziava il palleggio. Commetteva fallo chi lanciava la palla fuori dal campo. Poi c’erano le volate: quando il pallone era gettato con forza lontano, ma sempre in direzione del rettangolo di gioco, la gente gridava : “A bevaaaa…”.
Il gioco si contava: quindici, trenta, quaranta, gioco. Lo “strillone” o arbitro, annunciava il punteggio. Numeroso pubblico assisteva alle partite, molte erano anche le scommesse in denaro tra i sostenitori o tifosi dei rossi e i sostenitori dei turchini: così si nominavano le squadre in campo.
La famiglia Cibino ha dato alla squadra fanese diversi e rinomati giocatori.
Il gioco richiedeva prestanza fisica e resistenza non comuni.
Il campo da gioco, detto “sferisterio”, a Fano era a borgo Cavour, dove attualmente sorgono i capannoni della Carnevalesca. Le partite si svolgevano nel pomeriggio dei giorni feriali e nei festivi.
Le squadre più forti e rinomate, oltre a quella di Fano, erano quelle di Mondolfo, Mombaroccio, Jesi, Treia e altre provenienti dall’Emilia Romagna.










Giocatori col pallone al bracciale a Fano (foto d'epoca)

Campo di gioco del pallone al bracciale (sferisterio), viale XII Settembre a Fano (foto d'epoca)