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: 04.10.2005
: 10.02.2008

I Romani furono i più grandi costruttori di strade che permisero di collegare rapidamente le città conquistate in tutto il bacino del Mediterraneo, del nord Europa e dell'Oriente.

Essi tracciarono circa 100.000 km di percorsi lastricati ed altri 150.000 km in terra battuta, sufficientemente larghi e adatti al transito dei carri.

Le vie più importanti come la Flaminia, l'Appia, l'Aurelia, la Cassia, l'Emilia, la Postumia ecc., partivano da Roma nel sito di un Foro in cui era eretta una colonna di bronzo dorato chiamato Miglio Aureo, su cui erano incise le varie distanze calcolate da quel punto sino al limite estremo di ogni strada.

Lungo i percorsi nacquero vici, pagi e stazioni di sosta dove i viandanti potevano albergare, cambiare i cavalli e riparare i carri.

Con le invasioni barbariche le principali vie di comunicazione andarono in disuso e rischiarono di scomparire, soprattutto per la mancata manutenzione e per i danni causati dagli invasori.

Nonostante questa situazione, grazie alla presenza della Chiesa, le strade consolari non furono abbandonate del tutto e rimasero il mezzo di comunicazione tra il potere centrale di Roma e organi periferici dei Vescovati.

Le visite «ad lumina Apostolarum» riferite nel VII secolo dal vescovo di Nola Paolino e le lettere di Gregorio I, ne danno testimonianza.

L'arteria principale che ha contribuito maggiormente ai fatti storici nel territorio Umbro Marchigiano fu la consolare Flaminia.

Prima della sua costruzione, avvenuta intorno al 220 a.C., furono usate per i collegamenti con la costa adriatica la via Salaria che univa la Sabina al sud Piceno e una via Picena, definita Protoflaminia perché probabilmente fu utilizzata dopo la battaglia di Sentino fino all'apertura della consolare voluta da Caio Flaminio.

Questa strada da Foligno entrava nelle Marche attraverso il passo di Colfiorito e collegava le città di Camerino, Sentino e Senigallia (prima colonia romana fondata nelle Marche).

La consolare Flaminia fu tracciata ad ovest degli Appennini; attraversava le valli del Nera, Topino, Candigliano, Burano e Metauro e terminava a Rimini.

In seguito furono costruiti diversi diverticoli e vie consolari minori che si distaccavano dalla Flaminia per collegarla con il porto d'Ancona.

La «Nuceria-Anconam ad Picenum», forse attivata nel periodo di Vespasiano, superava a nord di Nocera gli Appennini sul passo di Saramonte e toccando le città di Pioraco, S. Severino, Treia, Osimo, arrivava ad Ancona.

La «Ab Helvillum-Anconam» collegava la costa Adriatica con le stazioni della Flaminia di Helvill e Calem, attraversando le valli del Cesano e del Cinisco.

L'invasione longobarda dell'Italia centrale avvenuta intorno al 570 portò all'occupazione della Tuscia e della città di Spoleto dove fu costituito un ducato, governato da Faroaldo I.

La successiva espansione di questo ducato portò l'avanzata dei Longobardi fino all'Adriatico interessando le città di Fermo, Ascoli, Camerino e Teramo.

Durante l'occupazione venne meno al sistema viario esistente il supporto dei manufatti e delle strutture tipiche dell'organizzazione stradale romana legata alla posta (cursus publicus), in altre parole la cura dei miliari, delle costruzioni e dei ponti che determinarono una discontinua viabilità dei percorsi. Le direttrici cambiarono da Roma verso i centri di potere collocati nel nord Europa. L'asse principale divenne Roma-Pavia, in pratica la via Francigena che conduceva oltralpe in territorio Franco.

Nel IV secolo, dopo l'editto di Costantino, iniziò la pratica delle devozioni cristiane, consistenti nel recarsi presso un santuario o in un altro luogo sacro per compiere atti religiosi a scopo votivo e penitenziale.

La meta principale era la Terra Santa (Santo Sepolcro, Santuario della Croce Martirium, Casa della Natività a Bethlemme, Casa di Lazzaro, Monte degli Ulivi ecc.).

Nel V secolo cominciarono, intensificandosi poi, i pellegrinaggi a Roma, specie per pregare nelle tombe degli apostoli Pietro e Paolo e su quelle dei Martiri.

Essi furono resi periodici da Bonifacio VIII nel 1300 con l'istituzione dell'Anno Santo.

Fra i grandi pellegrinaggi è da ricordare anche il flusso dei Britannici riferitoci da Beda nel 716 e degli Slavi nel 950 che vennero a Roma per visitare anche le tombe dei loro predicatori e martiri Metodio e Cirillo.

Il sistema viario medioevale cambiò buona parte di quello romano. Le strade consolari non più curate a seguito delle invasioni barbariche erano quasi impraticabili e malsicure.

Le distanze da percorrere erano relativamente brevi ed era importante, soprattutto per la sicurezza, toccare i castelli o gli abitati appartenenti allo stesso feudatario o vescovo.

Le vie divennero più tortuose, correvano sulle alture e ciò era dovuto soprattutto al riferimento di divisioni tra diocesi, feudi, contee e comuni.

Lungo le stesse o nelle vicinanze delle «stationes», furono costruite pievi ed abbazie con i rispettivi ospedali che avevano anche la funzione di soccorrere ed ospitare i pellegrini.

Questi nel Medioevo, provenienti dal nord est dell'Europa, dalle regioni del Danubio, dall'Istria e dalla Romania, attraverso le vie Postumia, Arnia, Gemina e Julia Augusta, raggiungevano l'Italia ad Aquleia.

Da qui, percorrendo la via Popilia o la Romea, scendevano verso Venezia, Ferrara, Ravenna e Rimini (via citata come strada «sablonaria» presso Classe e «via pubblica» nei regesti di S. Apollinare Nova).

I pellegrini diretti verso i santuari di Loreto, Assisi, S. Michele Arcangelo e S. Maria di Pulsano nel Gargano o ai porti di Brindisi ed Otranto, per imbarcarsi verso la Palestina, utilizzavano le vie litoranee.

Una di queste è citata da un cosmografo medievale, conosciuto come 'Anonimo Ravennate'.

Riguarda un tracciato che in parte si sovrapponeva alla Flaminia passando per Rimini, Pesaro, Senigallia, Ancona, Potenza Picena, Fermo, Porto d'Ascoli.

Un secondo tracciato che attraversava le Marche longitudinalmente, già esistente in epoca romana, proveniva da Ancona e si dirigeva verso Osimo, Macerata, Urbisaglia, Falerone, Ascoli, Porto d'Ascoli per proseguire verso Brindisi.

Durante il Medioevo i pellegrini per raggiungere Roma utilizzavano i diversi percorsi che seguivano l'antica viabilità lungo le valli fluviali appenniniche.

A nord, un itinerario importante tra Rimini ed Arezzo, via Montefeltro, definito nelle carte medioevali «iter Tiberinum», scavalcava l'Appennino sul passo Viamaggio, situato tra la valle del Marecchia e del Tevere; fu percorso nel 962 da Ottone I proveniente da Rimini e diretto all'assedio di S.Leo.

La via, citata nel 1371 come «strata qua itur versus Tusciam», attraversava i castelli di Pietracuta, Maiolo, Montebello e Talamello.

Un documento basso medioevale menziona la Rocca di S. Marino che si ergeva «super stratam qua itur Urbinum et qua itur de Monteferetro Ariminum».

Una «Stratam Francigenam qua itur in Marchiam», riportata nei documenti del 1500, passava a Cattolica e collegava appunto la Romagna con le Marche. Probabilmente era di collegamento con la Toscana, attraverso il Montefeltro o l'Urbinate ed era frequentata dai pellegrini diretti a Roma e a Loreto.

Punti di raccordo delle vie provenienti dalle valli del Conca, Marecchia e Foglia, indirizzate verso Arezzo e Firenze, erano Bibbiena, S.Sepolcro e Città di Castello.

Queste strade entravano in Umbria attraverso i passi di Viamaggio (983 m slm), Bocca Trabaria (1049 m slm) e Bocca Seriola (730 m slm).

I principali riferimenti dei viandanti in quest'area delle Marche erano l'abbazia di Montereale a Pennabilli, del Mutino a Lunano, di S. Michele a Lamoli, di S. Cristoforo del Ponte ad Urbania, di S. Vincenzo al Furlo, di S. Maria di Naro a Piobbico, di S. Pietro in Massa, di S. Tommaso d'Apsella, di S. Martino e di S. Stefano a Fano, di S. Ippolito a Fossombrone ecc.

L'Anonimo Ravennate e Guidone, un geografo medievale, descrivono un tragitto tra la Romagna e il nord delle Marche che si distaccava da Cesena e attraversava Sarsina, il Montefeltro, Urbino e Fossombrone dove si raccordava con la via Flaminia.

Un'altra strada trasversale molto antica si distaccava da Rimini e attraverso Coriano, Montefiore, Tavoleto, Schieti, Urbino e Fermignano raggiungeva Acqualagna.

Questi due percorsi erano utilizzati quando la gola del Furlo diveniva inagibile e malsicura. Anche la viabilità della valle del Metauro, concentrata principalmente sulla Flaminia e sulle vie parallele che attraversavano le alture circostanti (S. Angelo in Ferriano - Monte Maggiore - S. Ippolito e Novilara - Carignano - Cartoceto - Serrungarina), era condizionata dalla gola del Furlo, evitata passando nelle località di Calmazzo, Fermignano e Acqualagna o la valle del Tarugo da dove s'indirizzavano le strade verso Pergola, Suasa (S.Ippolito - Isola di Fano - Montalto - Cartoceto - S. Biagio - Abbazia di S. Maria di Lastreto) e Acqualagna. Nei Pressi di S. Lazzaro di Fossombrone un diverticolo della Flaminia attraversava il Metauro sul ponte di Diocleziano e proseguiva per le odierne località di Bellaguardia, S. Martino dei Muri, Calamello, Torricella, Tarugo, Montemartello e Smirra.

Le molteplici abbazie benedettine presenti nelle valli del Cesano, Misa ed Esino, che avevano riferimento nel monasteri di S. Apollinare e S.Severo di Classe, Fonte Avellana, Camaldoli, Farfa e Nonantola, confermano la consolidata presenza dei monaci in questa zona delle Marche che sin dall'alto Medioevo hanno dato un grande sviluppo economico e favorito il passaggio dei pellegrini diretti verso Roma.

Lungo l'antico diverticolo della Flaminia «Ab Helvillum - Anconam» che attraversava la valle del Cesano, si trovavano le abbazie di S. Gervasio dei Bulgari, costruita nei pressi della statio di Pirum (o Pirum Filumeni - Mondolfo), S. lppolito, S. Lorenzo, la pieve di S. Vito, l'ospedale di S. Maria del Ponte Cinisco a Pergola, la pieve di S. Savino e l'abbazia di S. Geronzio a Cagli. Nella Protoflaminia che collegava Senigallia a Sassoferrato e Camerino, passante sulla riva destra del Cesano, erano presenti le abbazie di S. Paterniano in Mampula e di S. Maria in Portuno (Madonna del Piano).

Nelle vicinanze delle rovine del municipio romano di Suasa una deviazione attraversava la valle del Nevola (Montesecco, Rotondo, Monterosso), raggiungeva Serra S. Abbondio, l'abbazia di S. Croce d'Avellana, Frontone e Cagli.

La valle del Misa anticamente era percorsa da un altro ramo della Protoflaminia che da Senigallia s'inoltrava nell'entroterra passando per Ostra, Arcevia e Sassoferrato.

Anche lungo questo percorso i pellegrini potevano beneficiare dell'ospitalità delle abbazie di S. Gaudenzio e di S. Maria della Piana, delle pievi di S. Angelo, di S. Giovanni di Filetto, di S. Lorenzo di Casine, di S. Ippolito di Vaccarile, delle Cave e del Colle d'Arcevia, degli ospedali di S. Lazzaro a Senigallia, della Concezione e di S. Carlo ad Arcevia

Da questa località le vie principali s'indirizzavano verso nord-ovest per S. Croce d'Avellana - Cagli; a sud-ovest per la valle del SentinoScheggia dove s'incontravano l'abbazia di S. Croce di Tripozzo, l'ospedale di S. Rocco, l'ospedale di S. Lucia in Rosella, l'abbazia di S. Emiliano in Congiuntoli e l'ospedale dei S.S. Giacomo e Filippo.

Nella bassa valle Esina, nei pressi di Chiaravalle, dove sorgeva l'abbazia di S. Maria in Castagnola, confluivano le vie provenienti da Fano, da Ancona e dall'antica statio di Aesis situata sulla foce dell'Esino (Rocca Priora), ove esisteva l'ospedale di S. Leonardo (già nel 1117) .

Lungo il tratto Jesi - Serra S. Quirico s'incontravano le abbazie benedettine di S. Lorenzo presso l'Esino, S. Croce e S. Savino (Jesi), S. Maria del Piano (Pianello), S. Maria delle Moje, S. Apollinare, S. Elena ecc.

A Jesi vi erano diversi ospedali tra cui quelli di S. Lucia, S. Antonio, S. Giovanni (già nel 1084) in Terra Vecchia (che ospitò Federico II), S. Giacomo e Filippo in borgo S. Floriano e l'ospedale del Ponte Esino che era situato fuori la Porta Valle a sud della città.

L'accesso all'alto Esino avveniva percorrendo la Gola della Rossa; quando questa si rendeva impraticabile, si deviava dalla pieve di Serra S.Quirico attraverso un percorso che saliva la valle Faedo e scendeva a Pierosara; superate le montagne della «Rossa», si arrivava all'abbazia benedettina di S. Vittore delle Chiuse (XI sec.) da dove partivano le strade dirette alla gola di Frasassi, all'alta valle del Sentino e dell'Esino.

La via Esina proseguiva in direzione di Camerino incontrando l'ospedale di S. Lazzaro, la pieve di S. Maria d'Albacina, l'ospedale della S. S. Trinità a Cerreto (1330), poi giungeva a Matelica dove erano presenti gli ospedali di S. Sollecito e di S. Rocco.

Qui esistevano due importanti diramazioni: una per Esanatoglia-abbazia di S.Angelo infra ostia-Campodonico-Salmaregia-Nocera; l'altra s'inoltrava verso Castelraimondo da dove si poteva proseguire o verso Pioraco attraverso la consolare per Nocera oppure per Camerino, incontrando gli ospedali di Torre del Parco dell'ordine dei Crociferi e di S. Bartolomeo in Rotabella (già nel 1290) sul fiume Potenza, dei Poveri e di S. Maria della Pietà a Castelraimondo, dei «filiorum Supponis» a Camerino (già nel 1154).

La valle del Giano, situata nel territorio fabrianese, era attraversata dalla Protoflaminia che toccava Camerino - Matelica - Fabriano - Sassoferrato. Senz'altro fu utilizzata nel Medioevo come pedemontana.

Lo confermano diversi documenti e la presenza, lungo il tracciato, delle pievi paleocristiane di S. Giovanni d'Attiggio, di S. Maria di Civita (frequentata più volte da S. Francesco), di S. Maria di Flexia e di S. Maria di Ceppete.

Fabriano era un importante nodo viario dell'entroterra; aveva almeno dieci ospedali di cui quattro erano collocati nei pressi delle rispettive porte: S. Antonio (gestito anche dai cavalieri del Tau), S. Cristoforo (Benedettino), S. Maria Maddalena (ordine del S. Spirito) e dei Muccioli (patronale).

L'accesso da questa località alla Flaminia avveniva attraverso i valichi di Fossato, Valmare, Croce d'Appennino (antico diverticolo romano Helvillum - Anconam) e di Chiaromonte.

Un'altra antica via romana tracciata ad est degli Appennini fungeva da arteria per lo svolgimento dei traffici confluenti dalla valle del Metauro a quella del Potenza.

Tale strada si snodava nei pressi dell'antica Sentinum (area di confluenza delle vie provenienti da Fonte Avellana, Pergola, Suasa, Arcevia e Genga) e si dirigeva verso le località di S. Cassiano, Campodiegoli, Cancelli, Campodonico, Salmaregia, Casaluna (Dubios), dove si raccordava alla consolare «Nocera per Ancona».

Ognuno di questi paesi o castelli collocati sul tracciato della pedemontana erano interessati dalle vie provenienti dalla costa adriatica.

Nelle loro vicinanze, in prossimità dei valichi, erano sorte diverse abbazie e ospedali presso cui i pellegrini potevano trovare assistenza durante il tragitto.

Nell'alta valle del Sentino si trovavano il già citato ospedale di S.Lucia di Rosella (1370) e l'abbazia di S. Emiliano e, a Valbagnola, l'abbazia di S. Cassiano.

A Campodiegoli confluivano le vie provenienti da Fabriano che, attraverso la valle del Riobono, risalivano il passo Croce d'Appennino ove esistevano l'ospedale di S. Lorenzo e l'abbazia benedettina di S. Maria, per poi raggiungere Fossato di Vico.

A Cancelli pervenivano le strade dell'alta valle del Giano che superavano la catena montuosa sul valico di Fossato o di Valmare.

In quei pressi furono costruiti nel XII secolo l'Abbazia di S. Maria, seconda sede, e l'ospedale della Rocca d'Appennino.

Nelle vicinanze di Campodonico sorgeva l'abbazia di S. Biagio in Caprile con il relativo ospedale che era un punto di riferimento per chi proveniva da Esanatoglia, Attiggio e Gualdo attraverso il trivio di Lentino ed i passi di Serrasanta e Valsorda.

Nell'ultimo tratto la pedemontana incontrava i castelli di Salmaregia ed Orve dove i viandanti trovavano accoglienza negli ospedali della pieve di S. Maria di Dubios e delle "chiuse di Teuzi".

Proseguendo poi per la consolare romana si poteva superare il passo di Saramonte (chiesa abbaziale di S. Croce), la Valle Feggio (ospedale di S. Lucia di Capo d'Arco) e raggiungere Nocera ricalcando l'itinerario medioevale d'Ancona, Numana, Potenzia, Porto Potenza Picena.

Anche in questa valle come nelle altre i pellegrini potevano contare sulle numerose abbazie (S. Croce, S. Maria a Piè del Chienti, S. Claudio, S. Paolo, ecc.) e su diverse pievi ed ospedali.

Una grande importanza aveva l'abbazia cistercense di S. Maria di Chiaravalle di Fiastra situata sul tratto della via romana Helvia Recina - Urbs Salvia.

La strada principale che attraversava questa valle poteva raggiungere l'Umbria attraverso il passo di Colfiorito.

Diverse vie medievali delle Marche erano utilizzate per i collegamenti tra la via Francigena Toscana ed i ducati di Benevento e Spoleto.

Il percorso più importante che proveniva dai monti della Laga, dal Gran Sasso e dalle conche dell'Aquila, Sulmona, Isernia, Vinchiaturo, Caserta, Avellino e Benevento, si raccordava con la Salaria nei pressi d'Arquata del Tronto (nodo stradale di vie che interessavano le valli del Tronto, Tennino, Aso e Tenna, dirette a Forca di Presta-Gualdo Visso-Triponzo e al passo delle Forche Canapine - Norcia).

Da Arcuata saliva per il valico di Galluccio, fiancheggiava il monte Vettore, toccava S. Lorenzo in Vallegrascia, Montemonaco, Montefortino, Amandola, Garulla, piano della Caldarella e della Pieca e raggiungeva il fiume Fiastrone.

Dall'area di Caccamo la via poteva ripiegare per valicare l'Appennino, verso Serrapetrona - S. Severino - Pioraco - Nocera.

Tali percorsi nei documenti del XIV e XV secolo erano chiamati «vie Francische» .

Da Caccamo era anche possibile risalire la valle del Chienti, valicare a Colorito (via Mucca) per innestarsi presso Foligno con la Francisca che proveniva da Assisi

Da Valcimara (località situata nei pressi di Caccamo) un altro ramo saliva per Camerino, Matelica, Fabriano, Fossato di Vico e si dirigeva verso la Toscana via Poggio S. Ercolano, Coccorano, Civitella d'Arno, Perugia, Chiusi, S. Quirico d'Orcia. A quest'ultima località nel periodo medievale facevano capo i mercanti marchigiani diretti a Siena e Firenze.

Infine i collegamenti delle «vie Francigene» nei due lati dell'Appennino ci sono confermati dal viaggio effettuato nel 964 da Ottone Iche da Penne, in Abruzzo, per arrivare ad Acquapendente, nel basso Lazio (a sud di Radicofani), sostò a Pieve Favera, nei pressi di Caccamo, dove rilasciò un diploma a favore dell'abbazia di S. Maria a Piè di Chienti.