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Scheda
: 14.09.2005
: 14.09.2005

La vegetazione potenziale (cioè quella ipotizzabile in assenza di perturbazioni naturali ed antropiche) del territorio sancostanzese è ascrivibile a quella del piano collinare, orizzonte submediterraneo, caratterizzato da formazioni arboree caducifoglie miste. Queste ricoprivano, in passato, tutta la fascia subappenninica fino alla costa adriatica, costituendo soprassuoli forestali senza soluzione di continuità, che la progressiva antropizzazione del territorio e la conseguente sottrazione di superficie boschiva hanno drasticamente ridotto. Relitti sempre più rarefatti e degradati sono le uniche testimonianze di tali cenosi delle colline pesaresi, ma da questi è ancora possibile ricostruire la loro probabile composizione floristica. Si trattava di querceti misti, suddivisibili in querceti mesofili e querceti xerofili in funzione dei diversi fattori ambientali.

Nella lettura del paesaggio vegetale di questo territorio la vegetazione in realtà appare come un sistema di strutture arboreo-arbustive prevalentemente lineari e quasi esclusivamente antropogene, se si eccettuano rari casi in cui l'abbandono colturale o l'acclività eccessiva hanno permesso una parziale ricolonizzazione spontanea della vegetazione.

Meno sporadica, in generale su tutto il territorio comunale, è la presenza di vegetazione arborea e arbustiva lungo i corsi d'acqua, dove le formazioni ripariali, seppure costituite in gran parte da specie introdotte artificialmente e ridotte a poco più di filari, sono in grado di determinare una certa continuità.

Gli incolti erbaceo-arbustivi e le macchie arboree, pur molto frammentate, coprono un totale di circa 180 ha, e sono prevalentemente situate su terreni scoscesi con substrato arenaceo.

LE AREE BOSCATE

Per bosco deve intendersi una superficie di soprassuolo di copertura vegetazionale non inferiore a 0,5 ha, e nel territorio comunale di San Costanzo si possono individuare almeno 9 aree che possono rientrare in questa classificazione. Le più importanti sono il bosco della Valle dell'Infemo, il più grande, ed il bosco di Stacciola.

Si tratta di querceti la cui struttura irregolare è alterata dalle pregresse gestioni e dalla ricolonizzazione di vegetazione spontanea anche di tipo invadente, che non consente una rinnovazione di specie autoctone di pregio.

A livello arboreo si ha una dominanza di Roverella (Quercus pubescens) e Carpino nero (Ostrya carpinifolia); più o meno frequenti anche l'Orniello (Fraxinus ornus), l'Acero campestre (Acer campestre) e l'Olmo (Ulmus minor). Da segnalare, solo nel bosco di Stacciola, grossi individui di Castagni (Castanea sativa).

Proprio alla preponderante antropizzazione del territorio è dovuta la massiccia invadenza di Robinia (Robinia pseudoacacia), frequentemente utilizzata per il consolidamento di scarpate od erroneamente utilizzata come specie miglioratrice nei rimboschimenti dei terreni degradati. Un altro "cancro verde" è rappresentato dall'Ailanto (Ailanthus altissima) la cui presenza è fortunatamente limitata ad aree antropizzate o degradate

Lungo le rive e negli impluvi sono presenti alcune specie caratteristiche di tale ambienti igrofili, quali i pioppi (Populus nigra, P. alba, P. nigra italica) e i salici, che fino a qualche decennio fa i contadini usavano per confezionare cesti e canestri (Salix alba, S. purpurea, S.triandra).

Il sottobosco e comunque i filari e le aree incolte sono popolate da arbusti con prevalenza di specie autoctone come il Biancospino (Crategus monogyna), il Prugnolo (Prunus spinosa), i rovi (Rubus caesius e R.ulmifolius), il Sanguinello (Cornus sanguinea), il Ligustro (Ligustrum vulgare), le rose selvatiche (Rosa canina e R.sempervirens), la Ginestra (Spartium junceum) ed alcune specie introdotte e spontaneizzate, quali la Maclura (Maclura pomifera) e il Paliuro (Paliurus spina-christi).










Bosco nella Valle dell'Inferno.
Francesco Fragomeno