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Scheda
: 10.08.2005
: 12.07.2007

Situato a breve distanza dalla cucina e dalla stalla, aveva una profondità prossima ai venti metri; era rivestito da una soletta di mattoni grandi fino al livello dell'acqua; era sovrastato da un capanno in muratura coperto da un tetto di tegole; aveva una finestra (munita o meno di porta) e un davanzale coperto da una grossa tavola per appoggiarvi i recipienti.

Al centro sotto il tetto era appesa una carrucola di legno o di ferro, per mezzo della quale si calava un secchio vuoto (o un orcio) appeso ad una fune robusta e lo si recuperava pieno tirando la fune.

Più spesso la fune si avvolgeva e si svolgeva attorno a un grosso argano ("vogle") di legno, azionato da una ruota di ferro munita di manico.

La discesa avveniva automaticamente, col peso del recipiente; l'arresto del recipiente si otteneva frenando con le mani sul cerchio della ruota. La risalita richiedeva una notevole fatica per far girare la ruota.

L'acqua attinta al pozzo serviva per le persone, per gli animali, per l'innaffiata dell'orto.

Presso il pozzo si teneva un basso tino in cui si versava l'acqua utilizzata per l'innaffiata, il lavaggio dei piedi, l'abbeverata degli animali.

Nell'acqua del pozzo si tenevano a bagno i lupini cotti per fargli perdere l'amaro.

D'estate il pozzo veniva utilizzato come frigorifero per rinfrescare una bottiglia di vino o per tenere al fresco per un giorno o due un mezzo pollo.

Succedeva di frequente che un secchio o un orcio si sciogliesse dalla corda e restasse sul fondo. Solitamente lo si recuperava coi "rampini": un cerchio di ferro munito di vari uncini che qualche contadino si era fatto fare dal fabbro per questo scopo.

Calati i rampini in fondo al pozzo, uno degli uncini finiva per agganciare il manico del recipiente.

Quando questo non bastava, o quando occorreva recuperare qualche oggetto di una certa importanza o magari la carcassa di un pollo che avrebbe inquinato l’acqua, toccava a un ragazzo scendere appeso alla fune. Per lavori di maggior impegno si chiamava il pozzarolo.

Qualche padrone illuminato faceva installare nel pozzo una pompa aspirante-premente azionata da una enorme ruota di ferro munita di un pesante contrappeso; ma, a parte la fatica che richiedeva, produceva un chiasso infernale a causa dell'asta che sbatteva dentro il tubo.

Neppure la noria ("gnorgna") azionata da pale a vento, installata da qualche audace, dava risultati convincenti.

Celso Mei

La pozza, invece, era un piccolo invaso scavato in superficie nel terreno di natura argillosa, perché così l’acqua ivi raccolta non filtrava da nessuna parte. In tale laghetto si conduceva l’acqua piovana dai campi e dalle strade; esso costituiva una provvidenziale riserva d’acqua per l’estate, utile soprattutto per abbeverare il bestiame e per innaffiare l’orto.

Emilio Pierucci










Pozzo a Fenile di Fano.
Luciano Poggiani

Pozzo. Dintorni di Fano.
Luciano Poggiani

Pozzo. Villa Betti, alta valle dell'Arzilla (1977).
Luciano Poggiani

Pozzo. Casa Sanchietti a Cartoceto.
Luciano Poggiani