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Scheda
: 10.08.2005
: 18.09.2006

I fabbricati rurali sono il patrimonio culturale, sociale e storico della nostra realtà agricola e caratterizzano con la loro tipologia il paesaggio delle nostre campagne. Dalla loro conformazione si comprende il modello stesso della conduzione dei terreni.
Così le ampie e rade cascine della Pianura Padana, formate da una vasta corte quadrangolare attorno alla quale si aprono l’abitazione del proprietario, quelle dei dipendenti dell’azienda, le stalle, i fienili ed i magazzini, ci fanno capire che il proprietario terriero è agricoltore, imprenditore e conduttore della propria azienda, coadiuvato nei lavori dai salariati, dagli animali e dagli attrezzi.
Dall’altro canto la fitta rete di case coloniche di modeste dimensioni, sparse su un territorio agrario, c’inducono a pensare alla mezzadria e alla conduzione diretta del piccolo proprietario coltivatore. Nella gestione a mezzadria il responsabile e conduttore della circoscritta azienda è la famiglia del mezzadro, la quale è a stretto servizio del proprietario, che vive in città, e con il quale essa è legata da rigidi vincoli contrattuali. Questa tipologia di patti agrari contempla la divisione a metà dei frutti della terra e la spartizione, in uguale misura, dei costi di produzione ed inoltre sancisce una nutrita serie di doveri per il mezzadro.

Il fabbricato rurale delle Marche

La casa colonica marchigiana si differenzia secondo l’area geografica: quella di un podere di pianura o di bassa collina, ad esempio, è più ampia e maggiormente ariosa di quella dell’alta collina e della montagna. In attestazioni di fine Ottocento queste ultime si definiscono ristrette e poco salubri: ciò era dovuto alla minor rendita delle terre, che, per certi versi, condizionava il proprietario ad economizzare anche sui materiali; essi, il più delle volte, venivano reperiti sul posto: così abbiamo le case di terra, presenti un po’ dappertutto nella nostra regione e tuttora conservate nell’Alto Maceratese. I muri di queste costruzioni sono fatti con la sola terra mescolata a paglia e buina – lo sterco dei bovini- per altre la terra e il tufo fanno da materiale legante alle pietre. In questi casi, i muri portanti sono piuttosto spessi, così da garantire una maggiore stabilità e, simultaneamente, una migliore coibentazione termica. Quelle della pianura e della bassa collina sono, in gran parte, costruite con mattoni o con pietre, oppure con entrambi i materiali usati in modo armonico.

La posizione e le origini

La casa colonica, in genere, è posta in maniera che da essa si possa controllare tutto il fondo, perciò si trova o al centro dello stesso podere o su un poggio, da cui deriva l’antico termine tumba, che significa, appunto, abitazione sopraelevata. La casa colonica marchigiana ha origine con la mezzadria e pertanto le costruzioni iniziali risalgono ai primi decenni del Millequattrocento. Alcuni autori sostengono che in principio ebbero la funzione di casa colonica gli stessi casareni (esistiti nel Medioevo e costruiti con montanti in legno, pareti di canna e terra e tetti di paglia, ed adibiti al ricovero temporaneo di lavoranti, animali, ed attrezzi) e le case torri, erette nel Medioevo a difesa dei territori. A queste ultime, nel corso dei secoli, sono state aggiunte altre parti abitative, per cui ancor oggi si notano case coloniche con resti di case torri colombaie. In certi casi intorno alla casa-torre si è costruito il casino di campagna, abitazione per la famiglia padronale, dove questa era solita trascorrere la villeggiatura. Un esempio tipico, nella provincia di Pesaro e Urbino, è la Palazzina in comune di Sant’Ippolito, di recente restaurata.

La struttura

La casa colonica ha una forma quadrangolare, ha un tetto a due spioventi ed è costituita da un piano terra, il rustico, e da un altro elevato, l’abitazione; il primo piano, il più delle volte, è raggiungibile da una scala esterna, protetta da una loggetta: quest’accorgimento consente d’avere maggior spazio abitativo. Al piano terra si trovano la stalla dei bovini, la cantina, il mesticaio e in certi casi la stanza per il telaio; al primo piano erano sistemati la cucina, il magazzino e le stanze da letto; in certe realtà era prevista anche una stanza per il padrone. La stanza da letto del capo-famiglia, ad esempio, trovava posto, di norma, sopra la stalla dei bovini, in maniera che durante la notte egli poteva rendersi conto, dai rumori prodotti dalle bestie, del loro umore; inoltre, d’inverno, era anche la stanza più calda a causa del riscaldamento, ad ipocausto, prodotto dalle bestie. Va ricordato che gli animali, soprattutto quelli da lavoro, erano considerati parte della famiglia allargata del mezzadro. La malattia o la scomparsa di un capo, infatti, era motivo d’afflizione per il contadino, perché gli causava, fra l’altro, anche un grave danno economico. Nelle realtà dell’entroterra, collina e montagna, la casa colonica era di solito insufficiente per la famiglia, quindi si era costretti ad una convivenza promiscua.
Nell’abitazione rurale non vi erano servizi igienici. Nella buona stagione ogni spazio all’aperto, protetto da sguardi indiscreti, faceva al caso; invece durante il cattivo tempo si usava la stalla dei bovini. Presso alcune dimore ci s’industriava ad erigere un modesto riparo fatto di canne e posto di fianco al letamaio, molto di rado questo rifugio era fatto di mattoni.
La casa colonica non dava solo ricovero ad uomini ed animali, ma aveva anche funzioni di laboratorio. In alcuni locali, infatti, avvenivano i più importanti lavori di trasformazione dei prodotti della terra. Il più rilevante di questi vani era la cucina; in essa s’impastava la farina per fare il pane, la pasta, i dolci, si confezionavano le conserve di pomodoro e di frutta, si lavoravano le carni del maiale, si filava, si cuciva, si ricamava, si lavorava a maglia, si rammendava. Nel magazzino si mondavano i cereali, si tesseva. Nel capanno e nella stalla gli uomini confezionavano ed aggiustavano gli attrezzi più elementari.
Corredavano l’abitazione gli annessi: il capanno per il ricovero degli attrezzi, il pozzo per l’acqua potabile, il forno, il pollaio, le stallette per le pecore e il maiale; quando gli spazi erano ridotti uno di questi animali trovava posto all’interno del sottoscala. Nel cortile, delimitato dai pagliai, dal pularo e da alcuni alberi come gelsi, olmi, noci e fichi, si trovavano l’aia, la concimaia e nei luoghi di collina, dove l’acqua era più carente, la pozza per la raccolta dell’acqua piovana; vicino alla pozza, in una piccola porzione di terreno, c’erano l’orto e una modesta aiuola per i fiori.
Il cortile aveva spesso per contorno una fratta di canne e paletti di legno, in maniera che gli animali di bassa corte non recassero danno alle semine e alle messi nel periodo della maturazione.










Casa Archilei, periferia di Fano, 1990.
Luciano Poggiani

La casa colonica ed i suoi annessi. Legenda: A - abitazione; B - pozzo; C - forno; D - stalletta; E - capanno; F - pagliai; G - pularo; H - cuccia per il cane; I - fratta.
Emilio Pierucci

Pianta di casa colonica progettata nel 1670 per un podere di Marotta (da DELI, 1989)