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Scheda
: 14.07.2005
: 13.09.2006
Introduzione

Il gioco è congenito all'infanzia e fa parte del processo educativo e formativo della persona. Attraverso il gioco si sviluppa la fantasia, si affina l'intelligenza e si potenzia la motricità; in tale contesto il giocattolo ha un ruolo ben preciso e determinante. E a proposito di giocattoli c'è chi sostiene che " […] i più semplici sono i migliori, perché in virtù dell'immaginazione diventano tutto quello che si vuole. Una pietra, un bastone, una cordicella, una palla di plastilina, un mucchietto di sabbia, ecco altrettanti giocattoli polivalenti, che la fata fantasia trasforma a suo bell'agio. Il bastone sarà, a sua scelta, lancia o spada, asta di bandiera e canna da pesca, bastone da pastore o scettro, binario o cavallo: mentre i giocattoli sono monovalenti e non possono restare quel che sono." (2). In tale contesto c'è addirittura chi sostiene che il giocattolo è un mero attaccapanni in cui il bambino appende la sua fantasia.

E, allora, beati i bambini di un tempo, quando i giocattoli in commercio erano pochi e costosi; di conseguenza essi erano riservati ai ragazzi delle classi più abbienti. Si trattava, in genere, di trenini e automobiline di latta, soldatini di piombo, bambole di celluloide, fischietti, zufoli, coltellini, palle di gomma e palline di vetro. Questi, per buona parte, venivano esposti sulle bancarelle durante le fiere, ed erano, pertanto, oggetto di attrazione e di seduzione per i più piccoli, che sognavano di possederli.

Ai bambini delle classi più umili erano riservati i giocattoli di poco costo, come coltellini e fischietti: i primi si rendevano molto utili, perché servivano ai ragazzi per tagliuzzare canne, bastoni ed altro materiale duttile e costruire, all'occasione, i propri trastulli. Pertanto con una realtà simile, i bambini di un tempo si ingegnavano a creare da sé, a volte aiutati dai grandi, i loro giocattoli. I materiali usati erano quelli a portata di mano: canne, resti di assi di legno, bastoni, chiodi, fil di ferro, stracci, avanzi di stoffa, batuffoli di bavella (il filo di seta ricavato dai bozzoli dei bachi).

Le palline di vetro, ad esempio, erano sostituite con quelle di sasso; queste venivano preparate dagli adulti, che sapevano scolpire la pietra; una volta ottenuta la piccola sfera grezza, la rendevano liscia e rotondeggiante, strofinandola con moto rotatorio su una pietra arenaria, pertanto l'uso ripetuto produceva su questa una piccola cavità regolare. E, ancor oggi, in qualche pietra di vecchi edifici si notano alcune di queste minute concavità.

Il topolino col fazzoletto

Occorrente: un comune fazzoletto da naso.

Costruzione:

  1. piegare il fazzoletto a metà lungo la diagonale;
  2. unire le due punte laterali sovrapponendole un po';
  3. arrotolare dall'alto verso il basso;
  4. ribaltare il rotolo in modo che la punta libera resti sopra;
  5. piegare verso il centro le estremità del rotolo;
  6. inserire la punta libera fra le due parti e ripiegare il resto del rotolo;
  7. completato il nuovo arrotolamento a spese del primo, liberare le due punte rimaste all'interno;
  8. arrotolare una delle code iniziando dalla punta;
  9. annodare le estremità del rotolino per ottenere le orecchie.

Note: si deposita il topolino sulle braccia incrociate, appoggiandolo sulle dita della mano destra ripiegate verso l'interno; si fa saltare via il topolino dandogli una spinta di scatto. Questo gioco, molto gradito ai bambini, era noto a tutti fino alla metà del secolo passato.

I breccini (o "I sasét")

Occorrente: cinque sassolini di forma simile e della grossezza di una caramella.

Gioco: si gioca in due, a turno, stando accovacciati o seduti. Si agitano i breccini fra le due mani e poi si gettano a terra sparpagliati. Si lancia verticalmente in alto un breccino, si raccoglie uno dei breccini a terra e poi si prende al volo quello che è stato lanciato; si ripete l'operazione per raccogliere uno a uno i tre breccini rimanenti. Si lancia in alto un breccino, si raccolgono due di quelli a terra, poi si prende al volo quello che sta cadendo; si ripete l'operazione per raccogliere gli altri due. La terza volta occorre raccogliere prima uno e poi tre dei sassolini rimasti a terra dopo il lancio del primo. Infine si lancia poco in alto la manciata dei cinque breccini e si capovolge la mano aperta per raccoglierne sul dorso il maggior numero: ogni sassolino rimasto sul dorso della mano vale un punto. Vince chi arriva prima a un dato punteggio, per esempio dieci.

Note: il gioco richiede grande destrezza e prontezza di riflessi. Era praticato dalle bambine, solitamente come passatempo durante gli incarichi di sorveglianza (sorveglianza dell'uva dai casanti o della pecora al pascolo).

Il botto col carburo

Occorrente: qualche zolletta di carburo di calcio, un barattolo vuoto da conserva forato al centro del fondo, una canna spaccata all'estremità più sottile, fiammiferi.

Gioco: si scava nel terreno una piccola buca lisciandone le pareti, vi si versa un po' d'acqua, vi si versa qualche zolletta di carburo e si capovolge sulla buca il barattolo col fondo forato. Rapidamente, mentre all'interno del barattolo si sviluppa il gas acetilene che comincia a uscire dal foro, si inserisce un fiammifero acceso all'estremità della canna; stando a distanza, si avvicina il fiammifero al foro del barattolo. La fiamma accende il gas e provoca uno scoppio che lancia in alto il barattolo, facendogli fare un "campanile" di una decina di metri.

Note: fino alla seconda guerra mondiale il carburo era facilmente reperibile in quanto, mancando la luce elettrica nelle campagne, la trebbiatura di notte si effettuava al lume dell'acetilene, cioè delle lampade ad acetilene. Queste lampade avevano un aspetto simile a una moka: sulla parte sottostante contenente le zollette di carburo si avvitava il contenitore dell'acqua, dal quale l'acqua scendeva a gocce, in quantità regolabile, a bagnare il carburo. Il gas che usciva da un beccuccio, accendendosi, produceva una fiamma dalla luce intensissima.

Il botto con la potassa

Occorrente: zolfo, pastiglie di clorato di potassio, due ciottoli.

Gioco: si sfarinava uno spicchio di una pastiglia, poi si univa la polvere a una presa di zolfo. Si poneva il miscuglio sopra uno dei ciottoli e si copriva con l'altro ciottolo; si posava il tallone sopra il secondo ciottolo. Colpendo questo tallone col tallone libero (al modo del militare che fa l'attenti), l'attrito provocato fra i due ciottoli faceva esplodere il miscuglio con uno scoppio terrificante.

Note: le pastiglie erano facilmente acquistabili in farmacia dato che venivano vendute come disinfettante per il mal di gola. Una dose eccessiva dei componenti del miscuglio poteva far spaccare uno dei ciottoli e provocare anche danni al tallone dell'operatore; pare che a causa di questo inconveniente, la diffusione del gioco fece sparire le pastiglie dalle farmacie.

Le piastrelle

Occorrente: otto sassi o pezzi di laterizi di forma piatta e con gli angoli smussati, di dimensioni non troppo diverse, un sasso arrotondato con funzione di pallino.

Gioco: sostituivano le bocce (le quali comunque non venivano acquistate, ma fabbricate con legno duro e stagionato). Il gioco delle piastrelle (o delle bocce) si praticava nel prato o sull'aia o in altri spazi liberi. La partita, che si giocava più spesso in due che in quattro, andava solitamente ai ventiquattro punti; una piastrella collocata presso il pallino valeva un punto, due piastrelle quattro punti, tre piastrelle sei punti, quattro piastrelle otto punti.

Note: con le stesse piastrelle (o bocce) si poteva giocare "a quarantotto", disponendo quattro piastrelle a uguale distanza su un cerchio al cui centro era situato il pallino che colpito valeva da solo dodici punti (mentre alle quattro piastrelle era attribuito rispettivamente il valore di uno, due, tre, quattro punti). Il gioco delle piastrelle, sostituite da rotelle di legno piombate al centro, pare costituisca il gioco nazionale argentino.

I giochi coi bottoni o coi soldi

Occorrente: bottoni di qualunque tipo recuperati da abiti smessi, monete da uno o da due soldi (5 o 10 centesimi).

Gioco a battimuro ("a batmur"). Stando vicino a un muro, un ragazzo faceva rimbalzare contro di esso un bottone (o una moneta); un secondo ragazzo faceva rimbalzare un suo bottone in modo da farlo cadere il più possibile vicino al primo. Vinceva il bottone del compagno se la distanza fra i due bottoni era inferiore a un misurino fatto con una bacchetta lunga 10 -15 cm.

Gioco a testa o croce ("Arm e sant"). Tracciata una linea sul terreno ogni ragazzo lanciava da una distanza stabilita il proprio bottone. Uno dei giocatori raccoglieva i bottoni, li agitava fra le mani e poi li lanciava a terra domandando: "Arm o sant?". Rispondeva il giocatore che era andato più vicino alla riga e vinceva tutti i bottoni con la concavità rivolta in alto se aveva risposto "Arm", gli altri se aveva risposto "Sant"; se restavano altri bottoni toccava al secondo e così via.

Note: il gioco dei bottoni, in voga nei primi anni '30, era benevolmente tollerato dagli adulti; quello coi soldi meno.

Il gioco delle palline ("I ghiandinìn")

Occorrente: palline piccole di terracotta acquistabili negli spacci.

Gioco: la mano sinistra appoggiata sul terreno faceva da base alla destra che lanciava la pallina con la spinta del pollice; la pallina era posta nell'incavo formato dall'indice e dall'unghia del pollice. Si vinceva la pallina dell'avversario se si riusciva a colpirla con la propria. Una variante del gioco era costituita dai castelletti (base di tre palline con una quarta sopra) che potevano sostituire come bersaglio la pallina singola. Circolavano fra i ragazzi anche palline di terracotta argentata e biglie di vetro colorato, molto ambite (e più costose). Molto ricercate erano le biglie di vetro smerigliato recuperate rompendo bottigliette di gasosa; ma il non plus ultra erano i biglioni di marmo bianco.

Giochi con le corde

Occorrente: corde di varia grossezza.

Giochi

L'altalena, costruita semplicemente con una corda robusta le cui estremità venivano legate a un grosso ramo orizzontale di un albero, era uno dei giochi preferiti dai ragazzi di una volta.

Con una corda di media grossezza, tenuta per un'estremità e agitata verticalmente, si poteva fare il gioco del serpente; le onde che si comunicavano fino al termine della corda bastavano ad affascinare i bambini, che forse intuivano l'importante fenomeno fisico della trasmissione delle onde.

Una cordicella sottile abbastanza lunga serviva per trasformare un bambino in un cavallino. La corda veniva passata dietro il collo e sotto le ascelle; le briglie, tenute in mano da un secondo bambino, servivano per guidare il cavallino e farlo svoltare a destra o a sinistra.

Una cordicella legata a un'estremità di una bacchetta diventava un frustino, utile per frustare la base del perno di una trottola conica per evitare che si arrestasse.

I giochi con una canna

I bambini più piccoli montavano a cavalcioni di una canna trasformandola in un cavallino col quale si divertivano a correre.

I più grandi potevano cimentarsi a mantenere in equilibrio verticalmente sul palmo di una mano una lunga canna, spostandosi per compensarne ogni accenno di caduta.

Nelle strade dei paesi i ragazzi si divertivano a fare la corsa col cerchio di bicicletta, spinto e guidato per mezzo di un segmento di canna posto nella scanalatura.

La pulce, pulce ("pulcia, pulcia")

Il gioco poteva essere praticato da due ragazzi della stessa statura, posti schiena contro schiena e con le braccia allacciate e i gomiti piegati.

Uno dei due ragazzi si curvava sollevando il compagno e domandandogli: "Pulcia, pulcia: quant si alta?" Alla risposta del secondo, "Alta, alta", il primo dava il comando: "Casca in terra e fan un'antra".

Il secondo, rimesso a terra, sollevava il primo rivolgendogli la domanda iniziale. E così via.

La cavallina

Si giocava in due o più ragazzi. Uno si curvava afferrando con le mani le gambe sotto il ginocchio o alla caviglia: un altro lo scavalcava a gambe larghe appoggiandogli le mani sul dorso. Poi le parti si invertivano. Se i ragazzi erano molti, il primo che scavalcava andava a piazzarsi al termine della fila mettendosi in posizione.

La lunga tela

Il gioco era praticato quando si trovava riunito un buon numero di ragazzi che poteva formare una fila tenendosi per le mani.

Mentre il primo appoggiava una mano a un sostegno, l' ultimo passava davanti alla fila trascinandosi tutti i ragazzi; si infilava fra il primo e il sostegno. La fila si snodava fino a quando il primo non veniva a trovarsi voltato dall'altra parte e con le braccia incrociate.

Poi il capofila si infilava fra il primo e il secondo. E così fino alla fine della fila, quando tutti i ragazzi si trovavano allineati, con le braccia allacciate e il viso rivolto dall'altra parte.

Il gioco poteva anche essere accompagnato dal canto: "Com' è bella la lunga tela così sottile, così sottile; se si rompe facciamo un nodo e poi dopo passiam di sotto otto - otto ecc.".