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Scheda
: 01.08.2005
: 12.09.2006

Il fabbro era una persona "importante" nel paese, non perché fosse ricco, ma semplicemente perché faceva di tutto: riparava e fabbricava tutti gli utensili di metallo; gli attrezzi agricoli (zappe, vanghe, pale, aratri, anelli per gli animali, gioghi, ruote, ecc…); applicava i ferri agli zoccoli degli animali…

I suoi "compagni" di lavoro erano molti: l'incudine, la morsa, il trapano, la lima, la ruota smeriglia, la saldatrice, il cavalletto per appoggiare le zampe degli animali quando si ferravano gli zoccoli. Il fabbro non veniva pagato con i sodi, ma con il grano. Ogni contadino, infatti, dava una certa quantità di grano al fabbro in cambio dei lavori che questi svolgeva per lui e che gli erano necessari durante l'anno. Accaddeva spesso che la gente venisse soprannominata a seconda del suo mestiere: mio nonno, fabbro, e i suoi famigliari erano per tutto il paese i "fabbron".

Questa professione veniva tramandata da padre in figlio. Spesso l'officina del fabbro era anche un punto di ritrovo per i paesani: lì si discuteva di prezzi del bestiame, del grano, di cronaca e di tante altre cose.

Il fabbro ferraio maniscalco

La bottega del fabbro ferraio era nera anche nelle parti più nascoste a causa del fumo del carbone, acceso nella forgia quasi tutto il giorno.

Al centro del laboratorio c’era infatti la forgia, con il mantice azionato a mano dal garzone di bottega. Dalla forgia, soffiando il mantice nel carbone acceso, si innalzavano faville che si univano alle scintille che si sprigionavano dal ferro incandescente, sotto i colpi del martello, che il fabbro lavorava sull’incudine. La cappa soprastante non sempre attraeva tutto il nero fumo che si sprigionava dalla fiamma. Vicino alla forgia c’erano tenaglie, martelli di varie misure, un recipiente di pietra con l’acqua e l’incudine.

Ai lati c’erano la morsa, fissata al banco, il trapano a mano o elettrico, la mola per arrotare a mano o elettrica; in qualche bottega c’era anche il tornio per il ferro; alle pareti erano appese squadre, compassi e altri attrezzi; appoggiati ai muri pezzi di ferro di ogni specie; sparsi qua e là arnesi da riparare, attrezzi in costruzione ecc.

Il fabbro eseguiva molteplici lavori; alla sua opera ricorrevano quasi tutti gli altri artigiani e contadini. Riparava le parti in ferro dei carri, assottigliava (stiava) con il fuoco ed il martello, il coltro e il vomere (gmiera) dell’aratro, zappe, vanghe, gli scalpelli e i martelli dei muratori e degli scalpellini e poi li temprava immergendoli roventi in acqua o in una speciale sostanza grassa appositamente predisposta.

Fabbricava serrature e chiavi di tutte le dimensioni, chiodi piccoli e grossi (cavie), cerniere, cardini, cancelli, cancellate ed ogni altra ferramenta utile per completare la fabbricazione dei diversi oggetti nelle botteghe degli artigiani. “Batteva” a freddo ogni tipo di falce, cioè ne rendeva più sottile e tagliente le lame. Eseguiva la saldatura dei metalli, quando ancora non esistevano i metodi ossiacetilenico ed elettrico, ponendo tra i due ferri roventi da unire, prima di battere col martello sull’incudine, una sostanza detta “placa”.

Fuori della bottega eseguiva i lavori del maniscalco, cioè ferrava i cavalli, i somari, i muli; arrotondava lo zoccolo ai buoi. Per eseguire questo lavaro teneva ferme le bestie in mezzo a un incrocio di pali detto “travaj”. Per quest’ultimo lavoro si trasferiva il più delle volte presso le stalle dei contadini dove oltre alla pareggiatura dello zoccolo migliorava la forma alle corna dei buoi e delle mucche, specie prima di condurle al mercato o alla fiera. Il fabbro-maniscalco aveva con i contadini un contratto forfettario annuo per il pagamento delle varie prestazioni, che avveniva di solito al tempo del raccolto dei cereali e dell’uva.

Il fabbro ferraio maniscalco era l’artigiano che serviva ogni altro artigiano.










Uno degli ultimi fabbri ferrai ancora attivi a Fano (1981) (Da: "La vecchia Fano", AMADUZZI 1981).

Il fabbro (da ALFIERI 1994).