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Scheda
: 12.08.2005
: 25.09.2006

La "storia" dei pescatori "del Cesan" (Cesano di Senigallia) si snoda prevalentemente attorno a vicende che hanno riguardato, prima di ogni altro aspetto, la persona, attraverso aneddoti e fatti veramente accaduti, nel periodo che va dagli anni trenta agli anni settanta, con alcune proiezioni fino ai giorni nostri.

A raccontarla sono i "nonni pescatori", i pescatori ancora in attività (pochi veramente), le vedove, i figli, i parenti o conoscenti e i nipoti che frequentano la Scuola Elementare Statale di Cesano nell'anno scolastico 1996-97.

"I pericoli maggiori derivavano dal mare agitato, da una improvvisa burrasca o dalla nebbia; in alcuni casi, quando si trattava di piccole imbarcazioni tipo la battana, le cui sponde correvano a filo d'acqua, anche dal sovraccarico di pesce che spingeva verso il basso la battana stessa, o per la rottura di qualche parte dell'imbarcazione: timone, remi, o in tempi più recenti, per il guasto del motore".

Abbastanza frequenti le paure che si prendevano quando il mare era agitato, ma anche con il libeccio, più conosciuto con il nome di "garbìn", vento che, guardando da riva, sembra non far sollevare le onde come avviene con la bora o con il levante, ma con la sua apparente calma invece spinge le barche ed anche le persone sempre più verso il largo, inesorabilmente.

Qualche volta capita che persone inesperte e ignare del pericolo a cui vanno incontro finiscano per mettere a repentaglio la propria vita quando si immergono in acqua, o prendono il mare; spesso perdono il controllo e rischiano di annegare. Tempo fa un ragazzo fu casualmente visto da un signore, Renato Pongetti, mentre il vento lo stava spingendo al largo, con il suo materassino. Fu quello un miracolo per lui, infatti quel giorno erano uscite in mare pochissime barche e fu veramente per puro caso che il Pongetti avvistò il malcapitato.

"Il duro lavoro, la tensione e le paure prese in mare, spingevano molti pescatori, una volta giunti a terra, ad alzare un po' troppo il gomito con il bicchiere di vino in mano, che non mancavano di consumare nella vicina osteria già del "Bònc" (Bonci Armando) e poi di Fuligna (Foligni Alfredo), e infine di Pongetta (attualmente gestita dal sig. Mantoni), o in quella di "Bartulàcc" (Bartolacci)".

I pescatori che frequentavano i luoghi pubblici tra cui le osterie, portavano con sé i caratteristici odori salmastri, così come i contadini quelli di stalla o di fieno. Odori che non tutti mostravano di gradire, anche se forse qualcuno, oggi, rimpiange la loro scomparsa, perché avverte che un pezzo di natura e di storia se ne è andata lasciando il posto ad un sistema di sviluppo che emana altri odori (auto, industrie, ecc.) o apparentemente odori meno sgradevoli ma in un ambiente notevolmente più inquinato e compromesso di allora.

Occorre precisare che durante le uscite in mare i pescatori non abusavano mai di vino o di super alcolici anche se il fiasco doveva essere sempre a bordo.

Alcuni ricordano l'eleganza che questi "vecchi lupi di mare" sapevano manifestare quando giocavano a carte all'osteria, pur trovandosi nella fase cosiddetta di pre-ebbrezza: non si scomponevano ed erano capaci di stare delle ore a motivare il perché di quella carta giocata che aveva consentito all'avversario di fare scopa. Soltanto dopo un lungo e insistente diverbio, che non approdava mai a qualche conclusione, la terza immancabile persona, presente nella veste di rompiscatole, alle spalle dei giocatori, si azzardava ad intervenire quale arbitro della situazione, e soltanto allora usciva dalla bocca del perdente la tipica frase:

"allora andate tutti a farvi dare in quel paese"!
Come dire: volete ragione a tutti i costi: prendetela!










Barche a vela dei pescatori del Cesano 1949
Archivio personale di Umberto Streccioni


Disegni di Luigi Omiccioli
che raffigurano le vecchie barche
dei pescatori del Cesano