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Scheda
: 10.08.2005
: 25.09.2006

Cosa dire dei buoi, dei vitellini e delle vacche ?

Per chi è cresciuto a contatto con quegli animali (le stalle di allora erano nei vani sottostanti le camere da letto e funzionavano come riscaldamento per le stanze superiori) sono ricordi indimenticabili: la loro espressione che cambiava a seconda dell'età e della funzione a cui venivano sottoposti; l'emozionante attesa per la nascita del vitellino che spesso veniva alla luce senza il supporto del veterinario; la poppata del vitellino; il latte fresco che mio padre mi passava in una tazza e che tanto apprezzavo; l'espressione dolce dei buoi o delle vacche anche quando erano affaticati dal traino di un carro pieno di fieno o di sacchi di farina e durante l'aratura del terreno.

Lo sguardo sempre amichevole di quelle bestiole sembrava quasi voler perdonare le frustate ed i rimproveri a cui erano spesso sottoposte dagli uomini. Espressioni caratteristiche che si manifestavano soprattutto in occasione delle brevi pause in fondo alla "capzàgna" (capezzagna) quando le morsette fisse nelle narici allentavano la presa, o durante le necessarie soste per rimuovere, con la "ruscèla" (spatola con un lungo manico), le graminacee e la terra che facevano parata nel vomere del "pèrtecàr" (aratro) o nelle bocchette della seminatrice o nelle lame appuntite dello "stirpatór" (erpice).

Alquanto arduo invece era il compito del contadino nell'addomesticare i giovani buoi o le manze (giovenche) tutt'altro che disponibili ad "indossare" il giogo. Soltanto dopo ripetuti tentativi, con il giogo in groppa e al timone un carro da trainare, i buoi diventavano mansueti e riconoscevano il proprio nome: "galantì", "faurì" o "biò" (il nome "biò" era più diffuso nella razza romagnola). Una volta addomesticati i buoi o le vacche lavoravano quasi sempre in coppia: una da solco e l'altra "da man" e cioè una a sinistra e l'altra a destra. Oltre al traino dei carri, degli aratri e di tutti gli strumenti necessari per l'attività agricola, i buoi venivano utilizzati anche nel trasporto delle prime macchine per la battitura dei cereali quando si trasferivano da una casa all'altra. In quel caso spesso si utilizzava la cosiddetta stroppa, ovvero una quadriglia di buoi o più coppie ancora.

I bovini erano quasi tutti di razza marchigiana, una razza che si sostiene derivi dai bovini asiatici giunti in Italia nel IV secolo d.C. con le invasioni barbariche. Il ceppo originario fu poi migliorato dall'incrocio con il sangue chianino e successivamente romagnolo. Fu nel 1928 che ottenne il titolo di razza Marchigiana selezionata e per tanti anni rappresentò una delle migliori razze adatte al traino ed ai lavori dei campi, e tuttora rappresenta una delle migliori razze nella produzione di carne.

La cura della stalla richiedeva grossi sacrifici. Era necessario effettuare la pulizia della lettiga e rimuovere il letame, pulire il "curirèll del pìsc" (corridoio per lo scorrimento delle urine), cambiare le paglie sporche con quelle nuove, passare con la brusca e la spazzola tutto il dorso delle bestie e rendere il manto peloso sempre "lucente", soprattutto quando si dovevano condurre a una fiera o a una mostra. In quell'occasione anche la coperta di lino per i buoi doveva essere bella.

Il bestiame si abbeverava nei "trocchi", in quegli ampi recipienti di legno o di cemento posizionati all'esterno e all'interno delle stalle; spesso i trocchi erano abitati da pesci rossi che venivano inseriti dai contadini forse per dare un "tocco di colore" al grigio della stalla e per fare contenti i bambini che s'incantavano nel vederli nuotare. Si usavano anche delle apposite mastelle per fornire l'acqua ai buoi vicino alla greppia (mangiatoia); questo fino agli anni sessanta e cioè fino a quando non s'introdussero in quasi tutte le stalle le "buchétt" d'acqua automatiche. Da notare a tal proposito che certe migliorie (acqua e luce in casa) seppur già diffusi in zona, non venivano concesse subito dai padroni a tutte le famiglie di mezzadri, ma con molta gradualità e quasi come se fosse un meritato riconoscimento. Fino ai primi anni sessanta i mezzadri della proprietà Perini non avevano ancora l'acqua corrente né in casa né in stalla.