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Scheda
: 01.01.2005
: 02.11.2005

La flora della nostra Provincia, comprendendo le specie spontanee e quelle stabilmente spontaneizzate, conta circa 1850 entità. Considerate le vicissitudini geologiche e climatiche che hanno interessato la Penisola, è facile intuire che la nostra flora comprende piante aventi provenienza ed esigenze ecologiche le più differenti. Considerata la loro distribuzione sulla terra possiamo suddividere tutte le specie vegetali autoctone in gruppi aventi areale simile. Raggruppando questi gruppi corologici in pochi aggruppamenti principali possiamo riconoscere le seguenti categorie:

Mediterranee sensu lato (39%). Sono il gruppo più vasto e comprende piante il cui areale gravita attorno al Bacino Mediterraneo. Vi appartengono specie termofile e rare quali Fumana ericoides e Centranthus calcitrapae, largamente diffuse e banali come la Ginestra (Spartium junceum) o il Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus subsp. oxycedrus), viventi prevalentemente nel settore montano (gruppo delle mediterraneo-montanee) come Arabis alpina subsp. caucasica ed Hesperis laciniata, di litorale come Evax pygmaea.

Europee sensu lato (23%). Piante presenti nel subcontinente europeo o in parti di esso. Ricordo il Faggio, Drypis spinosa (vivente sulle montagne dei paesi che si affacciano sul Mare Adriatico), Helleborus foetidus (con baricentro occidentale verso l'Oceano Atlantico), Campanula latifolia (specie europeo-caucasica), ecc.

Eurasiatiche, eurosibiriche e circumboreali (28%) Appartengono a questo gruppo specie ad amplissima distribuzione. Molte sono molto comuni come Equisetum telmateia, Salix caprea o Linaria vulgaris, altre molto rare come Alnus incana, Ranunculus sceleratus e Berberis vulgaris.

Cosmopolite e Subtropicali (7%) Comprende specie diffuse in gran parte della Terra, fra le quali numerose Felci come la comune Felce aquilina (Pteridium aquilinum), oppure specie ruderali quali l'Ortica (Urtica dioica), o rarissime come Najas marina e Myriophyllum spicatum.

Endemiche italiche (3%) Le endemiche della nostra flora sono generalmente abbastanza frequenti o comuni e molto spesso sono specie montane. Ricordo Arisarum proboscideum, Ranunculus apenninus, Salix apennina, Gentiana columnae, Campanula micrantha, Digitalis micrantha.

La distribuzione, diffusione e frequenza delle varie specie dipende dalle loro esigenze ecologiche. Le specie più adattabili e resistenti sono ampiamente diffuse anche a quote molto differenti, le microterme vivono in montagna o nei boschi freschi o in microambienti particolari come le forre e le gole rocciose, le piante ipsofile vivono solo alle quote maggiori, le calcicole su substrati calcarei, le calcifughe generalmente su suoli arenacei o decalcificati, le psammofile sulle sabbie, le alofile su suoli ricchi di sali, tanto sulle spiagge quanto su certi suoli argillosi dell'interno (ad esempio sui calanchi), ecc.

Non è poi da sottovalutare l'influenza che l'uomo ha avuto ed ha tuttora nella distribuzione di molte specie vegetali. Infatti, circa il 6 % delle specie è rappresentato da esotiche che si sono spontaneizzate stabilmente, tanto che in molti casi sono diventate assai comuni e competono anche vittoriosamente con le specie autoctone. La loro presenza ha diverse origini: alcune sono state introdotte volutamente dall'uomo come piante ornamentali o alimentari, altre sono state trasportate involontariamente, altre ancora si sono diffuse autonomamente da regioni vicine. Generalmente vivono negli ambienti disturbati e laddove vi sono degli spazi vuoti come negli alvei fluviali, in incolti, campi coltivati, spiagge, ecc. In certi spazi alcune piante esotiche si sono sostituite alle congeneri specie indigene o ne contendono l'habitat. Per esempio negli alvei fluviali la Composita nordamericana Bidens frondosa è diventata molto più comune dell'indigena Bidens tripartita; nelle nostre spiagge un'altra composita, Ambrosia maritima, si è estinta, mentre Ambrosia coronopifolia (di origine americana) si è moltiplicata in quantità copiosissima. Fra le piante spontaneizzate più diffuse ricordo ancora, accanto a quelle già citate, Artemisia verlotiorum, Amaranthus retroflexus, e Veronica persica.

Abbastanza numerose sono anche le specie che si sono estinte o che da numerose decine d'anni non sono più state osservate o raccolte. Sono piante che vivevano generalmente in zone di pianura e collina, mentre è da ritenere che il mancato ritrovamento di alcune specie montane, segnalate o raccolte nel passato, dipenda per lo più dalla loro rarità o da una loro errata originale identificazione. Un tempo erano probabilmente presenti aree paludose soprattutto nelle pianure, ai margini dei fiumi e in vicinanza del mare. L'estrema riduzione degli ambienti umidi che ormai sono rimasti praticamente solo lungo i corsi d'acqua e attorno ai numerosi piccoli e grandi invasi artificiali, ha determinato l'estinzione o la rarefazione di numerose specie igrofile e acquatiche. L'estinzione di molte piante segetali è dipesa, da un lato dall'uso intensivo di diserbanti, dall'altro dalla scomparsa di certe colture agricole, come ad esempio quella del lino, che ospitavano numerose e interessanti specie infestanti. Gli ambienti naturali praticamente non esistono più, solamente pochissimi luoghi, dove l'intervento umano è stato marginale, hanno conservato una discreta naturalità. Questo si verifica per esempio per le pareti rocciose, i calanchi o le falesie. Questi ambienti pur avendo conosciuto anch'essi l'azione dell'uomo, si comportano come ecosistemi seminaturali e pur non mancando specie vegetali introdotte, la loro vegetazione non dovrebbe essere molto diversa dalla vegetazione potenziale. Al contrario i pascoli appenninici, anche i più elevati, derivano in maggioranza dall'azione di disboscamento che già molti secoli addietro è stata perseguita per permettere l'allevamento del bestiame. Probabilmente le specie erbacee che formano questi consorzi vegetali, prima che l'uomo creasse i primi pascoli, vivevano in radure o al margine dei boschi e da questi luoghi sono migrate in massa alla scomparsa dei boschi. L'aspetto di prati e pascoli come li conosciamo dipende in gran parte dal pascolamento. La scomparsa dell'allevamento brado di bestiame domestico determinerebbe la rapida trasformazione di questi pascoli dapprima in arbusteti, poi in boschi. Anche per quanto riguarda i boschi, molti di questi, a causa della secolare utilizzazione da parte dell'uomo, hanno adattato la loro composizione floristica alla continua pressione dell'uomo. Probabilmente le specie arboree e arbustive più resistenti al taglio si sono moltiplicate a spese delle altre. Inoltre alcune specie ritenute dannose, in quanto velenose per il bestiame, quali il Tasso o la Sabina (Juniperus sabina) (indicata per i Monti Sibillini), oppure quelle più pregiate e ricercate per il loro legno come la Farnia e i Tigli, sono state decimate.

La nostra regione è una delle più povere di endemismi. L'unica specie veramente endemica è Moehringia papulosa, che vive sulle rupi calcaree della Gola del Furlo, oltre che della Gola di Frasassi e della Rossa, nell'Anconetano. Sono inoltre presenti altre due piante ad areale molto ristretto: Polygala pisaurensis, che vive nel settore esterno della Provincia di Pesaro e Urbino e nella vicina Romagna e Cirsium alpis-lunae, nota per il gruppo montuoso dell'Alpe della Luna, in territorio toscano e marchigiano e per una località dell'Appennino Tosco-Romagnolo. Consistente e significativa è la presenza di entità settentrionali, che trovano nella nostra Provincia il loro limite meridionale, per lo meno nel versante adriatico. In numero minore sono le specie orofile dell'Appennino centrale e centro-meridionale o le mediterranee che trovano in questo territorio il loro limite settentrionale. La modesta quota raggiunta dalle nostre montagne non consente la presenza delle specie orofile e esclusive più specializzate, come quelle che troviamo più a Sud nei Monti Sibillini o nei Monti della Laga. Tuttavia non manca la presenza di specie che dai Monti Sibillini o dai Monti della Laga "saltano" fino al M. Catria o al Monte Nerone o addirittura al M. Carpegna. Anche l'orientamento del reticolo orografico influisce sulla distribuzione delle specie. Infatti, alcune di esse sono presenti sui rilievi interni e spesso discendono lungo i corsi d'acqua, senza invadere apparentemente i bacini limitrofi. Ad esempio l'Olivello spinoso(Hippophae rhamnoides subsp. fluviatilis), Plantago maritima e Artemisia coerulescens subsp. cretacea sembrano limitate ai bacini dei fiumi più settentrionali in particolare Marecchia e Foglia.

Importante è anche la natura del suolo. Mancano affioramenti di rocce di origine vulcanica, pertanto la nostra Provincia, come del resto tutte le Marche, sono assolutamente privi della particolare flora legata a quei tipi di suoli. Le aree argillose sono estremamente diffuse soprattutto in Valmarecchia e in gran parte del settore collinare. Qui la flora è generalmente piuttosto banale. Tuttavia nelle aree montane, alta Valmarecchia e alta valle del Conca, sono presenti zone calanchive di estremo interesse tanto naturalistico quanti paesaggistico (per esempio i calanchi di Maiolo) dove si possono trovare specie molto importanti per la loro rarità e particolare corologia.

Le montagne più ricche di flora e forse anche più interessanti sono quelle calcaree, ove sono presenti anche le specie più antiche e le orofite più rare, quelle legate ad ambienti particolari come pareti rocciose, ghiaioni, ecc. Tuttavia molto interessanti sono anche le montagne ove affiora la Formazione Marnoso-Arenacea. Qui compaiono specie calcifughe del tutto assenti o estremamente rare e localizzate nei settori calcarei: la minore elevazione di queste montagne rispetto a quelle calcaree, spiega almeno in parte la minor presenza delle specie più marcatamente ipsofile.

Il settore litoraneo

In questa stretta e lunga area, comprendente le spiagge marine, le pendici costiere del Colle San Bartolo, l'area della foce dei fiumi, gli ambienti naturali e pseudonaturali sono stati sconvolti dall'estrema urbanizzazione e da una costante erosione marina che in questo secolo interessa l'intera costa marchigiana. Gli arenili sono stati fortemente ridotti per l'espansione delle zone urbane e fortemente antropizzati a causa delle attività economiche legate all'industria del turismo. Tuttavia rimangono qua e là lembi di spiaggia ancora sufficientemente ricchi di vegetazione. Pertanto è diventata molto importante l'area floristica della Baia del Re come rifugio di numerose specie. Invece, soprattutto per far posto ad insediamenti abitativi, le steppe litoranee sono state completamente distrutte e con esse la loro interessante e peculiare flora. Il Colle San Bartolo, ora Parco Naturale Regionale, data la sua struttura geologica che facilita la tendenza all'instabilità e all'erosione, ma che ha anche impedito e impedisce tuttora interventi urbani distruttivi, conserva ancora un certo grado di naturalità. Qui gli arenili sono quasi inesistenti e la flora, a causa ancora della natura del suolo e del clima, non è particolarmente ricca, ma non mancano, in riva al mare o sulle pendici del monte, specie rare e interessanti, fra le quali Daucus gingidium, Lotus tetragonolobus, Clematis viticella, ecc. Per comprendere quanto forte e distruttiva sia stata l'azione combinata dell'intervento dell'uomo e dell'erosione del litorale da parte del mare nei confronti della flora delle nostre spiagge, basta scorrere l'elenco di piante che Paolucci (1890-91) riporta, su indicazioni soprattutto di Scagnetti, per le coste del Pesarese: Imperata cylindrica, Aeluropus littoralis, Carex extensa, Juncus acutus, Baldellia ranunculoides, Callitriche palustris, Salicornia europaea, Atriplex portulacoides, ecc. Sono tutte specie scomparse dalla nostra Provincia (in alcuni casi dalla Regione) oppure divenute rarissime. Oltre a quelle non incontriamo più, lungo le spiagge o nelle aree circostanti della Provincia, la felce Thelypteris palustris, Bassia laniflora e Ambrosia maritima (estinte nella Regione), l'Agnocasto (Vitex agnus-castus), Pancratium maritimum (nelle Marche presente ancora solo con pochissimi esemplari di una spiaggia del Senigalliese), Iris pseudacorus (quest'ultima scomparsa solo di recente), ecc. Anche le piante un tempo comuni lungo tutto il litorale sono diventate piuttosto rare e localizzate nell'area floristica di Baia del Re o in pochi altri piccoli lembi di spiaggia. Fra le specie più interessanti ricordo Polygonum maritimum, Spartina versicolor, Silene colorata, Glaucium flavum, Euphorbia peplis, E. paralias, Calystegia soldanella, Lagurus ovatus, Ammophila arenaria, ecc. Fra le specie più rare e interessanti va citata anche Centaurea tommasinii (composita endemica delle due coste dell'alto adriatico), che, un tempo presente e diffusa tra Fano e la foce del Cesano, successivamente fu ritenuta estinta nella regione a causa delle forti modificazioni dell'ambiente. Un paio di anni fa è stata ritrovata nei pressi dell'area floristica di Marotta. Purtroppo interventi di ripulitura e spianamento della spiaggia ghiaiosa dove la pianta era ricomparsa, hanno almeno apparentemente distrutto la piccola popolazione. Fra le piante più rare va ricordata ancora Najas marina, pianta acquatica conosciuta nella Regione unicamente per la foce del Metauro. In conclusione la flora dei nostri litorali, vista la sua estrema vulnerabilità e la sua importanza e considerato che molte delle specie che la costituiscono non possono vivere al di fuori di questi ambienti, merita di essere conservata e protetta, assieme agli habitat che la ospitano, con sempre maggiore impegno.

Le pianure alluvionali e il settore collinare

Secoli e secoli di deforestazione, l'intensa attività agricola, la forte urbanizzazione, l'insediamento di varie e numerose attività artigianali e industriali nonché i collegati fenomeni di inquinamento e alterazioni ambientali, hanno modificato radicalmente l'aspetto delle nostre pianure e delle nostre colline. Possiamo immaginare com'erano 2 o 3.000 anni fa: vaste foreste planiziari che rivestivano le nostre pianure fin quasi alla riva del mare e risalivano sulle colline vicine sfumando in boschi via via sempre più asciutti, ampie zone acquitrinose e paludose, una flora e una fauna ricchissime. Di quegli antichi ambienti non rimane neppure il ricordo, solo una stretta fascia di vegetazione che segue come un'ombra lo zigzagare e il vagare dei nostri corsi d'acqua e modesti boschi collinari stanno a testimoniare quell'antica e selvaggia ricchezza. Quelle foreste erano probabilmente formate da Roverelle (Quercus pubescens), Farnie (Quercus robur), Cerri (Quercus cerris), Aceri di varie specie, Frassino ossifillo (Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa), Pioppi, Salici, Ontani, Olmi, Sorbi, ecc. Le pianure e le aree collinari più fertili e meno acclivi, soprattutto alle quote più modeste, sono dissodate da secoli e destinate un tempo alle attività agricole ed ora contese anche da insediamenti industriali e artigiani. Alcune di quelle specie sono scomparse dalle nostre pianure come la Farnia e il Frassino ossifillo, mentre altre le ritroviamo lungo i corsi d'acqua oppure arrampicate sulle pendici delle colline vicine a delimitare terreni, o formare boschetti annessi a case di campagna o conservati per favorire l'attività venatoria. Caratteristici delle colline della nostra provincia come di tutta la regione sono i piccoli campi delimitati da righe di bosco, siepi e filari di piante che pur se costituiti da pochissime specie arboree e arbustive sono importanti quali aree di rifugio per numerose piante e per piccoli Vertebrati e moltissimi Invertebrati. Sono generalmente formati, fra gli alberi da Roverella e Olmo (Ulmus minor), e fra gli arbusti da Biancospino (Crataegus monogyna), Prugnolo (Prunus spinosa), Rose (soprattutto Rosa canina e R. sempervirens), Ligustro (Ligustrum vulgare), Fusaggine (Euonymus europaeus), ecc.

Le colline costiere e meno elevate conservano solo rari e modesti nuclei di lembi boschivi formati quasi esclusivamente da querceti più o meno mesofili di Roverella, più o meno fortemente antropizzati, e invasi da Robinia (Robinia pseudoacacia), Alloro (Laurus nobilis), Leccio (Quercus ilex), Laurotino (Viburnum tinus) e Alaterno (Rhamnus alaternus) spontaneizzati, ecc. Tuttavia si trovano anche piccoli boschi molto interessanti e abbastanza ricchi di flora, che ospitano numerose specie interessanti e rare come Carex grioletii, Carex olbiensis, o piante più diffuse all'interno e nel settore montano e presenti qui quali relitti dell'antico manto boschivo che ricopriva le nostre colline costiere. Fra esse vanno ricordate: Pulmonaria apennina, Anemone trifolia, Cardamine bulbifera, Campanula tracheli, Campanula glomerata subsp. glomerata e il Melo fiorentino(Malus florentina) (conosciuto di poche località marchigiane), Lathyrus clymenum, Vinca minor, ecc. Proprio in uno di questi boschi relitti, non lontano dal Fosso Seiore, si trova l'unica stazione marchigiana di Ginestrone (Ulex europaeus) specie rarissima in tutto il versante orientale della Penisola. Nei luoghi erbosi vive Polygala pisaurensis, endemica di un territorio che va dalla basse valle del Metauro alla parte più meridionale della vicina Romagna, mentre nei coltivi insieme a tante altre specie fra le quali numerose Orchidee, ecc. si trovano il raro Geranium tuberosum e l'ancor più rara Scutellaria hastifolia.

Le aree collinari più interne sono generalmente più boscate, più ricche di specie e si ricollegano gradualmente al settore montano del Preappennino e dell'Appennino. In piccoli lembi di cerreta di questo settore, lungo la valle dell'Apsa, si trova l'unica stazione marchigiana di Euphorbia verrucosa. Anche i luoghi umidi e i corsi d'acqua minori erano un tempo ricchi e interessanti; l'inquinamento, i continui interventi di regimazione delle acque e modifiche del corso, ne hanno compromesso completamente l'integrità. Qui vivevano, alle porte di Pesaro, le uniche popolazioni marchigiane di Euphorbia palustris, ora estinta.

Lungo i corsi d'acqua sono quasi sempre presenti strisce di bosco igrofilo costituito per lo più da Pioppi (Populus nigra e P. alba), fra i quali numerosi Pioppi ibridi euroamericani introdotti per l'utilizzazione del legname, Ontano nero (Alnus glutinosa), vari Salici e nelle parti più esterne da Roverelle e da specie esotiche spontaneizzate come Robinia, Acero americano (Acer negundo) e da Falso Indaco (Amorpha fruticosa). Fra le specie erbacee più interessanti si notano Stachys palustris, Scrophularia auriculata e soprattutto Typha laxmannii nota nella Regione solo per la Valmarecchia e per la Valle del Metauro. Laddove si sono formati boschi più ampi si possono trovare specie interessanti, talvolta arrivate per fluitazione dalla parte interna della Provincia, come Cardamine raphanifolia subsp. acris, Carex remota e Galium palustre.

Nelle golene e lungo gli alvei dei fiumi più settentrionali si possono rinvenire specie particolari. Fra tutte meritano di essere menzionate la Frangola (Frangula alnus), indicata nel passato di pochissime località marchigiane, ma osservata di recente solo lungo il fiume Marecchia, l'Olivello spinoso, Plantago maritima, Ononis natrix, ecc.

I campi coltivati un tempo colonizzati da una ricca e variopinta flora infestante costituita in buona parte da archeofite, cioè piante che hanno seguito l'uomo e le sue coltivazioni, soprattutto di cereali, nelle sue peregrinazioni attraverso l'Asia e l'Europa. Ora, dopo decenni di trattamenti chimici, ospitano solo poche specie banali e molto resistenti; le specie più interessanti e rare, si sono salvate, al più, solo in pochi campi del settore montano. Fra le specie più caratteristiche e vistose vanno ricordate Delphinium consolida, Gladiolus italicus, Tulipani spontaneizzati ormai quasi scomparsi (Tulipa agenensis, T. praecox e T. clusiana) e Tulipa sylvestris, l'unico nostro Tulipano selvatico, anch'esso estremamente decimato, ma ancora abbastanza abbondante in alcuni campi pressi Fano.

Il settore montano

Il settore montano è quello certamente più ricco di specie. Oltre a molte di quelle che vivono anche a quote più basse, ve ne sono moltissime esclusive dei rilievi maggiori.

I pascoli, in gran parte originati da un disboscamento vecchio di secoli per favorire l'allevamento del bestiame, sono fra gli ambienti più straordinari in quanto ad abbondanza e varietà si specie. Si trovano soprattutto Graminacee (generi Bromus, Cynosurus, Poa, Briza, Sesleria, ecc.) numerose Orchidee (generi Orchis, Dactylorhiza, Ophrys, ecc.), vari Ranunculus, Liliacee (Muscari, Crocus vernus, Colchicum lusitanum, Asphodelus albus, Ornithogalum, Allium, ecc.), Boraginacee (Myosotis, Cynoglottis, Cynoglossum, ecc.), Scrophulariacee (Veronica, Pedicularis, ecc.), Valerianacee, Gentianacee, e molte altre specie appartenenti a numerose famiglie diverse.

I boschi delle nostre montagne sono costituiti da numerose specie arboree che si associano fra loro per formare, da un punto di vista fisionomico, pochi tipi fondamentali di bosco. Le parti più basse e asciutte ospitano soprattutto querceti di Roverella, mentre nei settori freschi s'incontrano boschi mesofili, in particolare ostrieti (caratterizzati dalla presenza prevalente del Carpino nero, Ostrya carpinifolia) e Cerrete, formate in prevalenza dal Cerro (Quercus cerris). Nei versanti asciutti con suolo poco profondo e rocce affioranti o nei luoghi semirupestri si incontrano di frequente leccete basse e intricate, in cui spesso il Leccio è associato a Roverella, Orniello (Fraxinus ornus) e Carpino nero (Ostrya carpinifolia), qualche volta a Ciavardello (Sorbus torminalis) e Fillirea (Phillyrea latifolia), raramente al Terebinto (Pistacia terebinthus). Salendo nelle parti più elevate e fresche si trovano dapprima boschi misti, in cui abbondano alberi e arbusti di varie specie, fra cui Faggio, Aceri di varie specie, Sorbi, Frassino (Fraxinus excelsior), Orniello, Roverella, Cerro, Carpino bianco (Carpinus betulus) e Carpino nero, Biancospino, Prugnolo, Ribes di varie specie, ecc., più raramente specie tendenzialmente calcifughe come la Rovere (Quercus petraea) e il Castagno (Castanea sativa). Per finire, si trova la faggeta, dapprima mista, poi pura in cui il Faggio, assolutamente dominante, è quasi sempre associato all'Acero montano, Sorbo montano e poche altre. I boschi più ricchi dal punto di vista floristico sono soprattutto quelli misti in cui possono convivere quasi tutte le specie di alberi e arbusti, nonché moltissime specie erbacee. Fra le specie erbacee più caratteristiche dei nostri boschi ricordo numerose Liliacee (Lilium bulbiferum e L. martagon, Gagea lutea, Veratrum nigrum, Allium ursinum, Ruscus, ecc.), il Bucaneve (Galanthus nivalis), Crucifere (soprattutto della sezione Dentaria come Cardamine enneaphyllos , C. bulbifera e C. kitaibelii), Composite (Doronicum columnae, Senecio sp. pl.), Viole (Viola odorata, V. reichenbachiana, ecc.), Rubiacee (Galium odoratum e Asperula taurina), Papaveraceae (Corydalis pumila e C. bulbosa), la rara Balsamina (Impatiens noli-tangere), molte Graminacee (Bromus ramosus, Festuca heterophylla, F. gigantea e F. altissima, Brachypodium sylvaticum e B. rupestre, Milium effusum, Melica uniflora ecc.), Ciperacee (Carex sylvatica, C. digitata, ecc.), Scrofulariacee, Labiate e molte altre.

Le montagne calcaree della Dorsale Umbro-Marchigiana (Gruppo del M. Catria e Gruppo del M. Nerone) raggiungono le altezze maggiori, hanno una morfologia piuttosto accidentata e irregolare comprendente gli ambienti più svariati: numerose cime minori, profonde gole, valloni, corsi d'acqua, pareti rocciose, ghiaioni, ecc. Di conseguenza la flora è estremamente ricca e adattata alle diverse tipologie di ambienti. Fra le moltissime piante di pascolo ricordo, fra le più rare, Lomelosia graminifolia, fra le Liliacee la Fritillaria (Fritillaria tenella) e soprattutto Leopoldia tenuiflora, conosciuta nell'Italia peninsulare solo di alcune montagne calcaree marchigiane (Gruppo del M. Nerone, Gruppo del M. Catria, Gruppo del M. Rotondo, Monti del Furlo e M. Sibillini) e di una località in Umbria, Centaurea rupestris subsp. ceratophylla, endemica dell'Appennino Centrale, fra le Leguminose Coronilla vaginalis, conosciuta di poche località marchigianee lo spinoso Astragalus sempervirens . In pascoli asciutti o aridi, e sassosi, sono presenti alcune stazioni di Ginestra stellata (Genista radiata), specie arbustiva rara non solo nelle Marche, ove è nota con certezza solo per M. Nerone, M. Catria, M. Cucco e M. S. Vicino, ma in tutta la Penisola, inoltre, la Ranuncolacea Pigamo minore (Thalictrum minus). Nei luoghi rocciosi si trovano l'Efedra (Ephedra nebrodensis), arbusto rarissimo in tutta la Regione, la Primula orecchia d'orso (Primula auricula), presente con certezza nelle Marche anche sul M. Cucco e sui M. Sibillini, Silene saxifraga, conosciuta nelle Marche solo del territorio compreso fra il Massiccio del M. Nerone e il M. Strega, il Crespino (Berberis vulgaris), arbusto noto di pochissime località marchigiane, ecc. Nei luoghi boschivi di queste montagne calcaree si trovano la Vite selvatica (Vitis vinifera subsp. sylvestris), la rara Balsamina (Impatiens noli-tangere) e il Mughetto (Convallaria majalis), trovato finora nelle Marche solo nel M. Nerone, nel M. Catria e nei M. Sibillini. Nelle basse pendici delle montagne si possono trovare altre piante assai interessanti quali Campanula bononiensis, una delle Campanulacee più rare della Regione.

Sul M. Nerone si trovano numerose specie estremamente rare. Alcune di esse ricompaiono solo sui M. Sibillini o sui M. della Laga o in poche altre località: Parnassia palustris, Carex brachystachys e Carex frigida, Saxifraga aizoides , Silene saxifraga, Centranthus calcitrapae, Frangula rupestris, Lonicera alpigena e Polygala chamaebuxus conosciuta solamente per il Fosso del Presale sul M. Nerone e per il versante orientale del M. Vettore. Altre sono note con certezza, per la Regione, solo di questa montagna: fra esse Veratrum album subsp. lobelianum e Cerinthe minor subsp. auriculata.

Molte piante possiamo incontrarle nella nostra Provincia solo sul M. Catria. Alcune di esse ricompaiono solo sulle più alte montagne della parte meridionale della Regione, fra esse ricordo le Felci Gymnocarpium dryopteris (mai più ritrovata in questa montagna dopo l'estinzione della piccola popolazione finora conosciuta), Cystopteris alpina e Asplenium virideum, la Biscutella laevigata e Iberis saxatilis, il Bosso (Buxus sempervirens), Salix herbacea (piccolissimo arbusto strisciante alto pochi centimetri, rarissimo anche sui M. Sibillini, più diffuso sui M. della Laga), Campanula pseudostenocodon, Silene multicaulis, Minuartia graminifolia, Carex ornithopoda, due Composite: Aster alpinus e la minuscola Omalotheca supina, Gagea fistulosa (conosciuta di pochissime località marchigiane).

Altre rarissime specie sono Crucifere che raggiungono su queste montagne il loro limite settentrionale di distribuzione nell'Appennino come Iberis saxatilis, nota anche per la Gola della Rossa e per i M. Sibillini e Brassica gravinae, fra le Scrofulariacee Pedicularis tuberosa, la rara Cariofillacea Silene armeria e il piccolo Sedum atratum, Crassulacea vivente soprattutto in luoghi sassosi e semirupestri, fra le Composite la rarissima Scorzonera austriaca, nota anche del M. Strega e del Fabrianese. Recente è la scoperta, su queste montagne, di un paio di stazioni della Cariofillacea Minuartia graminifolia , conosciuta prima d'ora per le Marche dei M. Sibillini e dei M. della Laga e che ricompare verso Nord nelle Alpi orientali. Nei boschi freschi e nel sottobosco vivono la rarissima Orchidea Corallorhiza trifida, che a Nord dei Sibillini si trova solo sul M. Catria, Geranium lanuginosum che è noto di altre località marchigiane solo per i M. della Laga e il grazioso Garofanino a mazzetti (Dianthus barbatus). Rarissimo è il Bosso (Buxus sempervirens), assai localizzato nella Regione. Infine, nelle pendici occidentali del M. Campifobio, sulle sponde del fiume Burano, in una località ove è stata istituita un'area floristica, vi è l'unica stazione attualmente nota per le Marche della Ruta caprina (Hypericum hircinum), arbusto assai sporadico in tutta l'Italia Centrale. Il M. Petrano, situato fra il M. Catria e il M. Nerone, ne ripete, anche se con un rilevante impoverimento, dovuto in gran parte all'estensione e alla quota inferiori, le caratteristiche floristiche, ma mancano presenze straordinarie. Le Serre di Burano e le Serre d'Acquapartita sono rilievi marnoso-arenacei, di quota abbastanza modesta, che corrono paralleli ad occidente dei gruppi montuosi del M. Catria e del M. Nerone. Sono ricoperti di boschi e ospitano, fra le altre, numerose piante calcifughe alcune delle quali estremamente rare. Si possono trovare piccoli lembi di brughiera costituita dal Brugo o Calluna (Calluna vulgaris), di grande interesse vegetazionale e floristico. Fra le specie più interessanti si possono menzionare: Hypericum humifusum, Erica scoparia, Orobanche rapum-genistae (rarissima Orobanchacea parassita della Ginestra dei carbonai, Cytisus scoparius), Petrorhagia velutina, Jasione montana, Montia fontana subsp. chondrosperma (Portulacacea trovata in pochissime località), le piccole Composite Logfia minima e Logfia gallica, Euphrasia kerneri, Trifolium hybridum subsp. elegans , Galium rotundifolium (simile al più comune G. odoratum), Juncus conglomeratus, Viola canina subsp. montana, Myosotis versicolor, ecc.

Il territorio compreso fra il Valico di Bocca Trabaria e le pendici marchigiane del Massiccio dell'Alpe della Luna, comprende l'alto Bacino del Metauro e fa parte della cosiddetta Massa Trabaria. Non vi sono rilievi molto elevati, ma l'esposizione e la natura dei suoli appartenenti alla Formazione Marnoso-Arenacea, consentono la presenza di estesi boschi mesofili, soprattutto cerrete, faggete e boschi misti mesofili. Nei pressi di Bocca Trabaria si trova anche un piccolo nucleo di Abete bianco (Abies alba), specie autoctona con certezza nelle Marche solo in un'altra località, nella Valle della Corte nei Monti della Laga. In queste montagne sono presenti numerose specie rare e interessanti. Fra quelle nemorali ricordo Stachys alpina, Centaurea montana e Luzula nivea che raggiungono qui il limite meridionale di distribuzione, almeno nel versante adriatico nelle Marche, Chrysosplenium alternifolium (rarissima Saxifragacea che si ritrova più a Sud nei Monti della Laga), Cerastium sylvaticum, Cardamine chelidonia, Rosa villosa, Petasites albus (presente anche sui M. Sibillini, ove è rarissima e sui M. della Laga), Cardamine flexuosa, Salix cinerea, ecc. Nel versante orientale su sfatticci di roccia e pendici detritiche vive il rarissimo Cirsium alpis-lunae , Composita descritta per il Massiccio dell'Alpe della Luna e noto di un'unica altra località nell'Appennino Tosco-Emiliano. Fra le piante di luoghi erbosi ricordo ancora Gentiana cruciata , Opopanax chironium (che si ritrova sui M. Sibillini) e Arabis glabra.

Un altro vasto e interessante settore montano è rappresentato dai rilievi compresi fra l'alta Valmarecchia e l'alto bacino del Foglia. Il territorio comprendente il M. Carpegna, il Sasso di Simone e il M. Simoncello è un'ampia area che raggiunge la massima elevazione sul M. Carpegna (1415 m) e, se come varietà floristica, non è ricca quanto le montagne calcaree esaminate sopra, ha però delle peculiarità che lo rendono unico nella regione. Fra le piante più interessanti vanno ricordate: Iris graminea, qui estremamente abbondante nei boschi e nelle radure, Centaurea montana, Campanula medium diffusa in Valmarecchia e conosciuta di pochissime località marchigiane, la rara Felce Ophioglossum vulgatum , il Viburno comune (Viburnum opulus), Ononis masquillierii , Asarum europaeum, e numerose altre. Per alcune specie come ad esempio per Campanula rotundifolia, e Viola tricolor subsp. subalpina, questo territorio rappresenta il limite meridionale nelle Marche. Invece l'Ombrellifera Laserpitium gallicum e Valeriana montana ricompaiono solo molto più a Sud nei Monti Sibillini e nei Monti della Laga. Altre specie come la Ranuncolacea Isopyrum thalictroides e Campanula rapunculoides sono note nelle Marche solo di questo territorio, ove sono molto localizzate. Per Cardamine graeca, endemica italica, queste montagne rappresentano invece il limite settentrionale del suo areale.

Tutti i rilievi sia di natura calcarea che arenacea che delimitano la Valmarecchia sono estremamente interessanti e ognuno ha le proprie particolarità floristiche. Nel settore più interno della valle si trova il M. Aquilone, propaggine del M. Fumaiolo, nei cui pascoli freschi vivono piante erbacee rare come Stellaria graminea (Caryophyllaceae), Viola tricolor subsp. subalpina e Carex leporina; nei boschi si incontrano Acer opulifolium (albero molto affine al più comune e più meridionale Acer obtusatum: le due specie vengono a contatto proprio nel Montefeltro), Luzula nivea, Stachys alpina, Oxalis acetosella (Oxalidaceae) e Impatiens noli-tangere.

Nei pressi di S. Agata Feltria si trova M. Ercole, modesto e pianeggiante rilievo rivestito di boschi freschi. I boschi, governati a ceduo, non sono particolarmente interessanti da un punto di vista vegetazionale, vista l'estesa diffusione del Castagno (pianta favorita dall'uomo per la produzione di legname), ma ospitano piante rare e interessanti come la Rovere (Quercus petraea), Leucojum vernum (Amaryllidacea presente nella regione solo in questa località), Acer opulifolium, Lathyrus sylvestris, Tilia cordata, Iris graminea, Arisarum proboscideum , Asarum europeum, il Nespolo (Mespilus germanica), ecc. Nelle radure e ai margini delle strade si trova Tanacetum vulgare (presente da noi solo in questi luoghi e forse introdotto con la coltivazione). Particolarmente rilevanti e molto ricchi dal punto di vista floristico sono anche il M. Pincio e il vicino M. della Perticara. Vi si possono trovare Dictamnus albus (Rutacea piuttosto rara nella Regione), alcune Liliacee come Erythronium dens-canis, Asparagus tenuifolius , noto con certezza nelle Marche solo per questi monti, Veratrum nigrum e Anthericum liliago, inoltre Acer opulifolium, Tilia cordata, il Nespolo, l'Olmo montano (Ulmus glabra), Himantoglossum adriaticum, Clematis recta, ecc.

A Sud di questi due rilievi, al di là del Fiume Marecchia, si trova il M. di Maiolo, modesto rilievo prevalentemente di natura marnoso-arenacea e conglomeratica le cui pendici orientali sono incise da grandi e profondi calanchi. Nei pascoli si trovano specie rare, spesso termofile, fra le quali Anthemis nobilis, Astragalus sesameus, Coronilla cretica, ecc. Nei boschi è comune Erythronium dens-canis e presenti piante interessanti come Polypodium cambricum subsp. serrulatum (il più termofilo dei nostri Polypodium) e Lathyrus niger. Nei calanchi, tra i più spettacolari delle Marche e apparentemente spogli e brulli, vegeta una vegetazione molto particolare con specie rarissime nella regione quali Artemisia caerulescens subsp. cretacea (endemica dell'Appennino Tosco-Romagnolo, tipica dei calanchi, che non si spinge nella Regione a Sud della Valmarecchia), Bromus alopecuros e Trifolium obscurum (conosciute nelle Marche solo per questi luoghi), Achillea ageratum, Salsola soda, Ecballium elaterium, l'Olivello spinoso, ecc. Nel territorio di Monte Cerignone (Valli Conca e Marecchia) si trovano boschi freschi con Rovere, Melo fiorentino ed Erythronium dens-canis.

La Dorsale Marchigiana inizia a Nord in Provincia di Pesaro e Urbino coi Monti del Furlo comprendenti il M. Paganuccio e il M. Pietralata, separati dalla Gola del Furlo. Nonostante la quota modesta e l'estensione limitata di queste montagne, la flora è straordinariamente ricca e composita. Sono infatti presenti specie rarissime, non solo nella Provincia, ma in tutta la regione. Sulle pareti rocciose vivono due rare Felci, Asplenium lepidum e Asplenium trichomanes subsp. pachyrachis, Campanula tanfanii, Rhamnus saxatilis subsp. infectorius, Trisetum villosum e l'endemica marchigiana Moehringia papulosa . Nei luoghi erbosi aridi e sassosi o semirupestri si trovano il Bagolaro (Celtis australis), Leopoldia tenuiflora, presente in Italia solo su alcune montagne calcaree delle Marche e in una località in Umbria, Fumana ericoides, e le rarissime Aster amellus e Asperugo procumbens. Nei boschi si trova la rara Iris graminea, e Polystichum lonchitis . Fra gli alberi e arbusti si possono ricordare Rhamnus saxatilis subsp. infectorius e Arbutus unedo. Nei pascoli fra le tante specie erbacee spiccano per interesse e rarità le Orchidacee Dactylorhiza romana e Orchis militaris.

A oriente di queste due montagne si trovano i modesti rilievi dei M. della Cesana e a Sud di questi, separati dalla Valle del Metauro, i monti di Montalto Tarugo. Pur ampiamente trasformati dall'attività umana, intensamente coltivati e, i primi, estesamente rimboschiti con conifere esotiche, vi si trovano numerose specie di rilevante interesse. Nei luoghi boschivi dei Monti della Cesana si possono incontrare il Citiso nero (Lembotropis nigricans), presente solo in pochissime località della Provincia, Campanula medium e Campanula bononiensis. Nel territorio di Montalto Tarugo si trovano due rare Orchidacee: in particolare le più importanti popolazioni marchigiane di Dactylorhiza romana e una delle pochissime stazioni di Serapias cordigera , inoltre il Citiso nero, Lathyrus niger e L. vernus, il Cisto femmina (Cistus salviifolius), ecc.










Serapias cordigera.
Luciano Poggiani

Trifolium hybridum elegans.
Leonardo Gubellini

Minuartia graminifolia.
Franco Barbadoro

Saxifraga aizoides.
Leonardo Gubellini

Berberis vulgaris.
Luciano Poggiani

Astragalus sempervirens.
Leonardo Gubellini

Cardamine enneaphyllos.
Leonardo Gubellini

Typha laxmannii.
Luciano Poggiani

Geranium tuberosum.
Leonardo Gubellini

Ginestrone.
Luciano Poggiani

Calystegia soldanella.
Luciano Poggiani

Centaurea montana.
Leonardo Gubellini

Luzula nivea.
Luciano Poggiani

Cirsium alpis-lunae.
Leonardo Gubellini

Dactylorhiza romana.
Leonardo Gubellini

Polystichum lonchitis.
Leonardo Gubellini

Leopoldia tenuiflora.
Leonardo Gubellini

Moehringia papulosa.
Leonardo Gubellini

Asparagus tenuifolius.
Leonardo Gubellini

Arisarum proboscideum.
Luciano Poggiani

Viola tricolor subalpina.
Leonardo Gubellini

Ophioglossum vulgatum.
Leonardo Gubellini

Campanula medium.
Luciano Poggiani

Gentiana cruciata.
Luciano Poggiani

Ononis masquillierii.
Leonardo Gubellini